Tuttoscuola: Non solo statale

Rinnovare la didattica per motivare i ragazzi

L’attuazione dall’anno scolastico 2007-2008 del nuovo obbligo di istruzione fino ai 16 anni impegna le istituzioni competenti e il sistema educativo ad assicurare le condizioni perché tutti i soggetti di diritto, nessuno escluso, possano effettivamente conseguire il livello di istruzione previsto e, come scrive la finanziaria, possano proseguire gli studi fino al raggiungimento di un diploma o di una qualifica professionale.

Si tratta, per il nostro paese, di un impegno strategico. Sebbene il tasso di passaggio dei licenziati della scuola media all’istruzione secondaria superiore si avvicini di anno in anno al 100%, resta ancora troppo alta, quasi il doppio della media UE, la quota di giovani che, per insuccesso scolastico, demotivazione o altri motivi – compresa l’attrazione delle promesse di autonomia di un rapido inserimento nel mondo del lavoro – abbandonano precocemente il sistema educativo. Con tutti i rischi che ne conseguono, in termini sia di debolezza soggettiva in un mercato del lavoro che non perdona chi vi entra in condizioni di debolezza formativa, sia di spreco di intelligenze e di talenti.

Come è noto, la dispersione si addensa nei primi due anni di scuola secondaria, quelli che interessano direttamente il nuovo obbligo, con picchi spesso altissimi negli istituti professionali e tecnici. Meno noto, ma altrettanto importante, è che sono ancora molti, se non in percentuale in numeri assoluti, i ragazzi che escono dalla scuola media senza aver conseguito il titolo finale o che, pur licenziati con il titolo, sono in ritardo di uno più anni. E anche questi sono soggetti di diritto. E’ dunque importantissimo, anche ai fini del rispetto degli impegni di Lisbona, che il nuovo diritto venga attuato in modo da non restare un diritto solo formale ; e che produca in tempi rapidi risultati sostanziali.

Ciò comporta che, pur all’interno dell’attuale fisionomia della scuola secondaria superiore, si avviino il prima possibile processi efficaci di rinnovamento della didattica capaci di favorire il successo scolastico e la motivazione dei ragazzi, a partire dai più deboli o dai più problematici , dai figli dell’immigrazione, dai disabili, da quelli che nel ciclo precedente hanno accumulato frustrazioni, lacune, ritardi. E che attraverso questo rinnovamento tutti i giovani conseguano quelle competenze-chiave di cittadinanza individuate dalla Commissione europea. Non solo: il testo della finanziaria introduce correttamente un elemento che la Margherita aveva fortemente sostenuto fin dalla predisposizione del programma elettorale dell’Ulivo, cioè la necessità della mobilitazione e dell’integrazione di tutte le risorse migliori esistenti nel nostro sistema educativo, fatto di istituzioni scolastiche ma anche di formazione professionale, per il raggiungimento dello scopo.

Perciò nel testo si fa esplicito riferimento alla possibilità che Stato e Regioni concordino ove necessario “percorsi” e “progetti” orientati intenzionalmente al contrasto della dispersione, in strutture accreditate dal Ministero della Pubblica Istruzione. E’ in questo contesto che viene data continuità ai percorsi triennali, attivati con modalità diverse ma sempre nella logica dell’integrazione. E regolamentati con due successivi accordi tra Stato e Regioni in materia di qualifiche professionali e di standard formativi in uscita. I quali percorsi, che costituiscono oggi una realtà numericamente modesta ma consistente – oltre 90.000 iscritti – si configurano nelle esperienze migliori come un’opportunità formativa preziosa, in grado non solo di trattenere dentro il sistema molti ragazzi ma anche di accompagnarne il rientro dentro i circuiti scolastici. Fa parte, del resto, ella scommessa del sistema educativo la sua capacità di riconoscere la pluralità delle propensioni, delle attitudini, delle aspettative, degli stili cognitivi che caratterizzano i ragazzi, tanto più nella fase complicata dell’adolescenza.

La diversificazione dei percorsi, che non deve mai tradursi – come purtroppo succede ancora nella scuola, tra licei e istituti tecnici e professionali – in gerarchizzazione disarticolata dei canali, è una risorsa. Tutti i migliori professionisti dell’insegnamento riconoscono la verità autentica della Lettera di don Milani, in cui si denunciava l’ingiustizia implicita in un’offerta formativa che pretenda , in nome dell’eguaglianza, di imporre percorsi identici per tutti. Un’intuizione confermata dagli studi sulla pluralità delle intelligenze e sull’importanza, nel coinvolgimento e nella motivazione degli allievi, di apprendimenti centrati non sull’aula ma sui laboratori, non sul sapere decontestualizzato ma sulla riflessione sul fare.

Siamo però preoccupati per il fatto che in alcune realtà regionali la nuova norma sull’obbligo di istruzione venga interpretata come la riaffermazione del monopolio del sistema e dell’apprendimento scolastico nella fascia di età 14-16 anni : e per la strisciante svalorizzazione delle esperienze positive di integrazione tra le risorse dei diversi sottosistemi. Analogamente, siamo preoccupati per gli orientamenti di quelle regioni che, disconoscendo anch’esse il potenziale positivo rappresentato dall’integrazione, utilizzano i percorsi triennali come testa d’ariete per riproporre o rivendicare una separazione rigidamente binaria del sistema. Un segnale dell’urgente esigenza di dare finalmente luogo ad un’attuazione equilibrata e condivisa del nuovo Titolo V della Costituzione.

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