Tuttoscuola: Non solo statale

L’incognita del "secondo canale": la variabile legislativa

Una delle incognite che gravano sul futuro della riforma Moratti, forse quella più importante sotto il profilo strategico, è il destino degli attuali istituti professionali e tecnici. Sulla questione si intrecciano variabili diverse: politiche, legislative, istituzionali, costituzionali (attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, “devolution” bossiana), il cui punto d’equilibrio non è stato ancora individuato con chiarezza.
Prendiamo l’aspetto legislativo. E’ chiaro che la “pari dignità” del canale liceale con quello professionale dipenderà in larga misura dalla redistribuzione dell’attuale domanda di istruzione e formazione in uscita dalla scuola media in due grandi alvei sostanzialmente equivalenti dal punto di vista dimensionale (numero di allievi e insegnanti) e strutturale (consistenza dei piani di studio, durata complessiva, valore dei titoli, apertura verso ulteriori percorsi formativi ecc.). Secondo alcuni esperti, che in questi ultimi tempi sembrano aver raccolto una maggiore attenzione anche nell’entourage del ministro e del sottosegretario Aprea, l’attuale testo del disegno di legge delega 1306 scoraggia questa prospettiva perché spinge tutta l’istruzione tecnica e anche parte di quella professionale a confluire nel sistema dei licei, che offre maggiori garanzie da vari punti di vista (prestigio, continuità, radicamento nazionale). In causa è l’art. 2, comma 1, punto g) del DDL, e più precisamente il passaggio con il quale si dispone che “i licei artistico, economico e tecnologico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi“: una formulazione piuttosto ambigua, che sembra alludere ad una valenza professionale degli indirizzi, mettendo così in discussione la loro “licealità”, e che si presterebbe al rientro in massa degli attuali istituti tecnici e professionali nel sistema dei licei. La proposta sarebbe proprio quella di sopprimere l’inciso citato.

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