Il modello duale, che interessa dopo la scuola di base circa la metà dei giovani tedeschi, non è un percorso scolastico perché mediamente è costituito per tre quarti da attività lavorativa svolta in apprendistato (con contratto di lavoro retribuito), e solo per un quarto dalla frequenza di corsi di studio, in genere collegati con il lavoro svolto.
È dunque qualcosa di molto diverso, guardando all’Italia, sia dagli istituti tecnici e professionali, dove al massimo si può arrivare a un quarto di ‘alternanza’ (stage, esperienze di lavoro non retribuito), sia dal sistema di istruzione e formazione (IeFP), che pur riservando più tempo alle attività pratiche e di laboratorio conserva un impianto di ispirazione scolastica, con scarsi contatti con il mondo del lavoro. L’apprendistato come è stato realizzato in Italia non è un percorso formativo a tutti gli effetti, almeno non come dovrebbe essere: salvo rare eccezioni si avvicina di più nella pratica a lavoro sottoretribuito con ben poca formazione.
Eppure in Italia si è spesso detto che l’alternanza studio-lavoro, come la si è concepita e realizzata da noi da Letizia Moratti in poi, era (è) un modo per avvicinarci al modello duale tedesco. Il convegno TreLLLe-Rocca ha dimostrato, se ce n’era ancora bisogno, quanto questa opinione sia infondata: manca, da noi, quella percezione sociale positiva della formazione sul lavoro che spinge metà dei giovani tedeschi verso il sistema duale, non considerato come un percorso di ‘serie B’; manca quasi del tutto la disponibilità delle imprese italiane a fare come in Germania, a parte lodevoli eccezioni: assumere gli apprendisti non per risparmiare sui contributi ma per formarli e far valutare le competenze acquisite da soggetti esterni competenti, stanziando a questo scopo adeguate risorse umane (formatori di estrazione aziendale) ed economiche (incentivi alla formazione).
Ciò che realisticamente si può fare in Italia è recepire dal modello tedesco alcune indicazioni di carattere generale. In particolare queste:
– una maggiore coerenza nazionale delle qualifiche, con standard obbligatori per le Regioni e valutazione esterna delle competenze acquisite;
– equiparazione, a certe condizioni, delle qualifiche con i titoli di studio scolastici ai fini dell’accesso alla formazione tecnica superiore;
– formazione continua obbligatoria dei docenti, in particolare di quelli di materie tecniche;
– istituzione per ciascun settore produttivo di apposite commissioni nazionali permanenti tra datori di lavoro e sindacati per definire e aggiornare le qualifiche sul modello tedesco.
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