Tuttoscuola: Non solo statale

Il destino dell’istruzione tecnica e professionale/1

Le vicende della politica, in particolare le iniziative della Lega in materia di riforme costituzionali, sembrano destinate a rimettere in discussione l’assetto definito dalla legge costituzionale n. 3, ratificata dal referendum dello scorso 7 ottobre. Per quanto riguarda scuola e formazione professionale, il nuovo testo dell’art. 117 riserva allo Stato (cioè a leggi nazionali) soltanto le norme generali e i principi fondamentali in materia di istruzione scolastica, mentre assegna alle Regioni competenze legislative concorrenti nella stessa materia, ed esclusive per quanto riguarda l’istruzione e la formazione professionale.
Come già si osservava in “TuttoscuolaNEWS” n. 22, tale ripartizione delle competenze è solo apparentemente chiara, perché solleva vari problemi di coordinamento tra i due sottosistemi, dal momento che anche il canale professionalizzante prevederebbe il rilascio di titoli (diplomi), e che in esso dovrebbero confluire, stando alle ipotesi formulate dalla commissione Bertagna, tutta l’attuale istruzione professionale di Stato e parte dell’istruzione tecnica (quella che non si converte in liceo economico o tecnologico), con curricoli riorganizzati su quattro anni. Ma almeno sulla carta ciascuna Regione potrebbe rivendicare, sulla base del nuovo art. 117, il diritto di legiferare autonomamente sulla formazione professionale, e di non tenere affatto conto di vincoli, parametri, obiettivi, standard stabiliti a livello nazionale. E lo Stato, a sua volta, potrebbe non riconoscere valore legale – cioè legittimazione nazionale – a titoli rilasciati dalle Regioni al di fuori di un sistema di regole stabilite e condivise a livello centrale. Una situazione potenzialmente esplosiva.

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