Tuttoscuola: Non solo statale

Dall’obbligo formativo al diritto-dovere. Cosa cambia?

Il decreto legislativo sul “nuovo obbligo scolastico e formativo fino a 18 anni” (così lo definisce il comunicato stampa ufficiale del MIUR) è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri del 24 marzo 2005 insieme a quello sull’alternanza scuola-lavoro.
Sul primo provvedimento le reazioni dell’opposizione e dei sindacati sono molto critiche, ma non univoche: esse ondeggiano tra l’accusa di aver “copiato” ciò che già era stato fatto dai governi di centro-sinistra (Ranieri, responsabile scuola DS: “il ministro Moratti si rivende l’obbligo formativo varato dal centro-sinistra come se fosse farina del suo sacco“) e la denuncia di aver abbassato l’obbligo scolastico da 9 a 8 anni senza dare garanzie sulla qualità della formazione nei quattro anni successivi (Di Menna, segretario UIL scuola: “il decreto dice che si può assolvere il diritto-dovere anche nella formazione professionale regionale e nell’apprendistato: questo è preoccupante perché non sono ancora definiti i requisiti minimi cui le Regioni devono attenersi visto che manca il decreto sulla secondaria“).
Ma come stanno effettivamente le cose? C’è continuità/evoluzione o discontinuità/arretramento rispetto al passato? Vediamo. La legge n. 144 del 1999 parlava di “obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno d’età”, e stabiliva tale obbligo a decorrere “progressivamente” dall’anno 1999-2000. Quindi, almeno sulla carta (mancava un meccanismo sanzionatorio dell’eventuale evasione), l’obbligo ex legge 144/1999 avrebbe dovuto essere già in vigore dal 2002. Le “attività formative” utili erano la frequenza scolastica, quella della formazione professionale regionale e l’apprendistato. Il decreto legislativo ex legge 53 parla a sua volta di “diritto (che) si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo (…) nonché nell’apprendistato” E siccome nel secondo ciclo sono compresi i percorsi triennali per il conseguimento della qualifica, eredi dei corsi regionali di formazione professionale nella loro versione “integrata”, gli elementi di continuità sembrano nettamente prevalenti. Caso mai la differenza (su questo ha insistito Ranieri) sta nelle risorse finanziarie messe a disposizione, perché quelle della legge 144 erano più consistenti.
La legge di riforma e lo stesso decreto legislativo introducono comunque un regime sanzionatorio in caso di inosservanza del dovere all’istruzione e alla formazione “secondo le norme previgenti”.

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