Tuttoscuola: Non solo statale

Bonus paritarie: il modulo lo porta il postino a casa

Circa 200 mila euro di spesa per spedire il modulo di richiesta del bonus a casa delle 300 mila famiglie con figli iscritti alla scuole paritarie. E perché non prevederne invece il ritiro presso le scuole, risparmiando buona parte di quei soldi?
Le procedure studiate dal Miur per l’erogazione del bonus sono piuttosto complesse, come si può ricavare dalla comunicazione apparsa sul sito del Miur (www.istruzione.it) per la proroga al 9 novembre del termini di invio dei dati degli studenti delle paritarie. Vediamole.
Tutte le scuole paritarie devono inviare al sistema centrale i dati anagrafici completi dei propri alunni iscritti. Il termine fissato al 31 ottobre scorso è stato appunto spostato al 9 novembre per il completamento di tale invio, che dovrebbe riguardare poco meno di 300 mila studenti (di scuola primaria, di scuola secondaria di I grado e del primo anno degli istituti superiori paritari).
Quei dati serviranno poi per registrare, con un nuovo invio di conferma, le domande di richiesta del bonus presentate dalle famiglie alle scuole paritarie frequentate dai figli. Questa operazione di registrazione delle richieste di bonus dovrebbe avvenire entro il 30 novembre. A gennaio 2004 l’invio a domicilio dell’assegno erogato.
Ma il modello di domanda per ricevere il contributo dov’è? Non presso le scuole, come sembrava logico supporre. Sarebbe infatti bastata una lettera-tipo corredata dell’apposito modulo, trasmessa on line dal ministero e consegnata da ogni scuola paritaria ai propri alunni iscritti: nessuna spesa per il Miur e poca spesa per le scuole. Invece, la lettera con modulo sarà inviata a domicilio di ciascuna delle 300 mila famiglie interessate.
Il ministro avrà così la certezza (con un costo, a meno di accordi particolari, di 150-200 mila euro per spese postali e di spedizione) che tutti i circa 600 mila genitori (2 per ciascuno dei 300 mila) saranno informati del come e del perché dell’iniziativa, scongiurando così il rischio che migliaia di loro, magari non tentati dalla modesta entità del bonus (100-120 euro circa), si disinteressassero all’iniziativa stessa (vanificando così l’effetto della “buona azione” del governo).

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