Una “sfida da vincere nel sud, dal momento che le politiche regionali hanno generalmente affidato la formazione al lavoro al solo istituto professionale di Stato e la domanda di apprendistato è molto bassa, una ‘opportunità’ per le regioni del nord le quali possono individuare, in questo strumento, un’ulteriore via, accanto a quella dei percorsi formativi triennali e quadriennali, per combattere la dispersione scolastica e potenziare l’occupabilità/occupazione giovanile”.
La riforma è, inoltre, una “scommessa” anche per le imprese che, soprattutto in una solida e stabile alleanza con gli enti di formazione professionale accreditati, potranno realizzare una efficace azione formativa.
L’attesa è legittima anche se si dovranno sciogliere alcuni nodi legati al rilancio di questo istituto che, attualmente in flessione (meno delle 600.000 unità) rispetto al passato soprattutto a causa della grave crisi che ha colpito l’Italia (vedi XI rapporto del Mlps 2011 e di Confartigianato 2011), si è affermato soprattutto tra i giovani venticinquenni e oltre (33% circa), mentre la quota di apprendisti minorenni è quasi irrilevante (meno di 18.000), ed ha forti criticità per le costanti carenze formative e disomogeneità territoriali, sottolineate da più parti.
La messa a regime del nuovo contratto volto all’acquisizione di un diploma dei giovani tra i 18-25 anni è condizionata dall’approvazione per ciascuna regione della disciplina dei profili formativi, del monte ore di formazione necessario per il conseguimento della qualifica o del diploma professionale e dell’apprendistato di alta formazione e ricerca. Ciò richiede per l’applicazione su tutti i territori la definizione di linee condivise da parte di tutte le regioni.
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