Tuttoscuola: Non solo statale

Il lavoro è ‘buono’ se…

 “Scuola e impresa: alleanza per favorire opportunità lavorative?” E’ il titolo dell’incontro che si è svolto martedì 13 ottobre 2015 presso l’I.T.I.S. Galileo Galilei di Roma l’iniziativapromosso dall’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio in collaborazione con il CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale) e Tuttoscuola.

Nel corso dell’evento, è stato presentato il volume di Dario Nicoli “Il Lavoro Buono. Una proposta educativa per la generazione post-crisi” (edizione CNOS-FAP e Tuttoscuola, 2015).

L’autore ha spiegato che lo studio del “Lavoro buono” è partito da un’indagine su come il lavoro viene presentato nei libri di testo dei vari corsi di studi, sia nella prospettiva dell’educazione alla cittadinanza sia in quella della storia e dell’insegnamento tecnico. L’esito di questa ricerca, ha spiegato l’autore, è stato, con poche eccezioni, deludente: il lavoro è perlopiù delineato ideologicamente, seguendo una linea di contrasto tra lavoro e libertà, tra esercizio di una professione e possibilità di espressione autentica dell’individuo.

Il lavoro è invece, per Nicoli, professore universitario alla “Cattolica” di Brescia, “la proiezione concreta del futuro di un popolo” e ha un deciso valore educativo e formativo, presentando tre vantaggi:

1) Consente una conoscenza fattiva della realtà, anche mediante l’uso, come diceva Aristotele, delle mani, di contro alla negatività di una conoscenza astratta dell’effettualità.

2) Consente di agire in modo efficace in relazione a una domanda.

3) Ha la funzione di stabilizzare l’Io.

Sulla base di questi vantaggi, è possibile delineare, ha sostenuto Nicoli, una profonda demarcazione tra il lavoro “buono”, che è conoscenziale, ben fatto, stabile e duraturo, e il lavoro cattivo, che è provocatorio, provvisorio, distaccato dalla realtà, per il mancato coinvolgimento dell’io operante.

Il lavoro buono, ha spiegato l’autore del volume, deve consentire di cavarsela da sé. Occorre che la scuola creda nel compito dei giovani. I giovani devono essere ritenuti meritevoli di conoscere il mondo.

In questo quadro, l’alternanza scuola-lavoro va vista con favore, ma con delle cautele. Anzitutto, per Nicoli, bisogna evitare la monocultura dello stage. Ma soprattutto occorre rifuggire da ogni tentativo di scolasticizzare l’impresa, poiché “il linguaggio dell’impresa è quello del compito di realtà”.

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