Tuttoscuola: Scuola digitale

Sei idee/6. Digital divide

Quello della digitalizzazione della scuola è uno dei temi più discussi tra quelli proposti dal dossier di Tuttoscuola.

Accanto alla consapevolezza di essere in presenza di una svolta davvero epocale per quanto riguarda le varie ricadute delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione in campo educativo (sulla didattica, sul rapporto docente-allievo, sulla formazione dei docenti, sullo stile – tempi e modi – di apprendimento dell’alunno, sulla valutazione didattica e di sistema…) emergono anche le preoccupazioni:

1) per la grave inadeguatezza delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche messe in campo dai governi del nostro Paese negli anni duemila;

2) per la distanza che rischia di separare una minoranza di privilegiati, che potranno frequentare le poche classi 2.0 e le pochissime scuole completamente informatizzate dal Miur (ad oggi 14 in tutta Italia), e una maggioranza che si dovrà accontentare di una didattica necessariamente più tradizionale e di qualche LIM.

La preoccupazione più forte ci sembra quella segnalata da Sebastiano Bagnara nel commento che ci ha inviato, pubblicato nel nostro portale. “C’è un rischio”, scrive Bagnara, “Tutti devono saper usare ma soprattutto ‘conoscere’ le tecnologie digitali. E per questo forse è utile ricordare la proposta avanzata da Roberto Casati nel suo libro ‘Contro il colonialismo digitale’ che vede la scuola come luogo anche temporale istituzionalmente protetto in cui riflettere criticamente sui cambiamenti anche cognitivi oltreché sociali che le tecnologie digitali stanno comportando”.

Una tesi  – simile per certi versi a quella sostenuta qualche anno fa anche da Naomi Klein per la scuola americana nel saggio No Logo – che richiederebbe che la scuola italiana fosse messa in condizione di svolgere questo ruolo. Quasi una mission impossible, ma di vitale importanza.

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