Scuole innovative: dal modello DADA al DIGITAL DADA

Tra le scuole più impegnate sulla frontiera dell’innovazione non solo tecnologica ma anche organizzativa e pedagogica ci sono quelle che aderiscono al progetto DADA (acronimo di Didattiche per Ambienti Di Apprendimento), avviato nel 2014 in due istituti romani, il liceo Labriola di Ostia e il liceo Kennedy di Roma, ma adottato ormai da oltre 100 scuole in tutta Italia  (Per un aggiornamento continuo sulle  iniziative e per la documentazione è possibile visitare il sito: https://www.scuoledada.it/).

Sulle caratteristiche del progetto è ora disponibile anche una approfondita riflessione, contenuta nel volume a cura di Gabriella D’Aprile e Raffaella C. Strongoli  “Lo stato in luogo dell’EducAzione. Ambienti, spazi, contesti” (ed. Pensa multimedia, Lecce 2020). In particolare se ne parla nel capitolo “La scuola come ‘Edificio apprenditivo’. Monitoraggio e ricerca-formazione nella scuola. Modello DADA”, firmato da Guido Benvenuto, ordinario  di Pedagogia sperimentale all’università di Roma “Sapienza” e Ottavio Fattorini,  già preside del Liceo Scientifico Labriola di Ostia, ideatore e capofila del Modello  DADA insieme a Lidia Cangemi, preside del Kennedy, entrambi apprezzati collaboratori di Tuttoscuola.

L’idea centrale del Modello è quella di riorganizzare il funzionamento degli istituti per “aula–ambiente di apprendimento”,  trasformando le aule in laboratori specializzati, attrezzati in funzione delle esigenze didattiche delle varie discipline (con materiali, risorse e biblioteca specifica) e affidati in genere a una coppia di docenti,  alternativamente  presenti in aula.

L’altra importante e conseguente novità è che sono gli studenti a muoversi tra le diverse aule specializzate in base all’orario delle lezioni e non gli insegnanti, che restano nelle aule loro assegnate.  Nel periodo dell’emergenza sanitaria tale presupposto  può essere  mantenuto, con gli spostamenti degli studenti  tra un ambiente disciplinare e l’altro anche  su base giornaliera o plurigiornaliera.

Benché l’ispirazione apparentemente sembri ricalcare alcune sperimentazioni realizzate in Svezia e nelle high school statunitensi, il Modello DADA in realtà muove da autonomi  presupposti scientifico-pedagogici e neuro scientifici (muovere il corpo per muovere la mente) e specifiche finalità organizzative. Non a caso aderire alla rete DADA vuol dire aderire ai presupposti e ai principi pedagogico-didattici presenti nel Manifesto (reperibile sul sito www.scuoledada.it) e che sono molto più ampi e profondi del solo riferimento agli ambienti.

Il presupposto è infatti che l’ambiente di apprendimento sia ovunque reperibile non solo nell’edificio scolastico, ma, si direbbe, nel mondo, reale o virtuale che sia.

Corollari del Modello DADA sono la trasformazione, “spontaneamente” indotta dal Modello, dell’edificio scolastico in “Edificio apprenditivo” e la strutturazione delle relazioni educative sul presupposto della fiducia verso lo studente, usata intenzionalmente  come “infingimento pedagogico”.

La peculiarità del DADA, rispetto ad altre innovazioni educative,  è nella pervasività ed inevitabile coinvolgimento corale di tutte le componenti delle comunità scolastiche che lo sperimentano (dirigenti, insegnanti, studenti, famiglie, ecc…). Non si può cioè adottare il Modello in singole classi, da parte di singoli docenti innovatori “spontanei” ma è necessario un coinvolgimento consapevole della comunità educante nel suo complesso.

Il piano di monitoraggio del Modello DADA  è stato definito all’interno di un protocollo di intesa tra gli istituti scolastici fondatori e il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università di Roma “Sapienza”, con la partecipazione dei professori Donatella Cesareni, Giorgio Asquini e Guido Benvenuto, il quale nel capitolo prima citato offre un’accurata descrizione dei risultati raggiunti da DADA sul piano pedagogico. L’aula-laboratorio specializzato favorisce la maggiore concentrazione dello studente, che spostandosi da un’aula all’altra “va verso la disciplina” in modo più attivo e consapevole, anziché subire passivamente l’alternarsi dei docenti disciplinari stando fermo; questa diversa utilizzazione dello spazio valorizza altresì la specifica competenza professionale del docente.

Il Modello DADA ha visto nell’ultimo anno, una ulteriore declinazione nel  “DIGITAL DADA” (marchio registrato),  costrutto pedagogico-didattico-organizzativo, ideato da Ottavio Fattorini,  che sta  presentando in vari contesti  formativi per docenti,  realizzati con la storica Associazione, riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione,  EIP Italia – Scuola strumento di pace.

Il  DIGITAL DADA propone un cambiamento nel paradigma didattico progettuale con cui opera l’insegnante, cha  cambia la propria  prospettiva di lavoro utilizzando l’approccio della “didattica abilitante”.

Da dispensatore di informazioni  e conoscenze diventa un “abilitatore” di spazi, strumenti e risorse, facilmente reperibili anche in contesti non specificamente deputati all’attività formativa ma che solo così ad essa vengono finalizzati.

L’insegnante attiva, anche da remoto, setting o contesti, destinati a far svolgere agli studenti attività e consegne formative. Non più dunque solo dentro gli spazi scolastici ma potenzialmente ovunque: parchi, teatri, caffetterie, boschi e anche ovviamente (più spesso in caso di chiusure forzate delle scuole), presso il domicilio degli studenti.

Il docente diventa  altresì un “abilitatore” dei tempi autonomi degli studenti oltre che degli spazi da loro vissuti, creando e predisponendo format didattici, in cui loro potranno esprimersi autonomamente o in gruppo, imparando “a distanza”. In tal modo si invera la massima che  meglio esprime l’approccio DIGITAL DADA:  “il mio spazio didattico  il mondo, il mio tempo didattico è l’oggetto di studio”.