
In questa prospettiva appare strategico che il Miur metta a disposizione delle istituzioni scolastiche gli esiti del monitoraggio di processo concernente i punti di forza e di criticità sia della fase di avvio sia di quella in itinere delle esperienze maturate dalle 136 scuole impegnate nel progetto classi 2.0.
La documentazione informativa a conclusione di una sperimentazione triennale appare particolarmente utile anche per conoscere le “motivazioni” poste alla base delle decisioni di adesione al progetto sperimentale, nonché gli esiti delle iniziative di formazione in servizio del personale e del livello di coinvolgimento attivo degli studenti.
Riempire le scuole di tecnologie o laboratori non serve, se non sono sostenute da una costante formazione dei docenti e da un pieno coinvolgimento degli studenti. La “didattica – spiega la professoressa Dionora Bardi, del liceo scientifico Lussana di Bergamo – deve rinascere attorno ad uno studente che sia davvero protagonista” (Nòva-176, Il Sole 24ore del 6 maggio 2012).
Questo è il lavoro che i docenti hanno di fronte. Dare un senso compiuto allo stare a scuola dei giovani che non trovano la possibilità di proiettare un’immagine di padronanza di oggetti, di nuovi linguaggi che ancora non hanno pieno diritto di cittadinanza nell’universo scuola. Si tratta per i docenti di trovare parole nuove e di utilizzarle come repertorio ordinario, di trovare percorsi didattici affidabili, di coniugare le loro competenze didattiche con quelle tecnologiche dei ragazzi.
La tecnologia è importante perché apre la strada verso nuove forme di conoscenza, ma da sola non basta anzi può essere pericolosa se non accompagnata dall’impegno di studio, dalla riconquistata capacità di guardarsi attorno che diventano sempre più importanti per superare l’individualismo.
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