Tuttoscuola: Scuola digitale

La scuola al tempo della rivoluzione digitale

Se ne è parlato venerdì scorso a Pisa, in occasione della giornata inaugurale della ‘Festa democratica nazionale Scuola e Università’ che si svolge nella città toscana dal 20 al 29 settembre.

Su tema si sono confrontati, in un dibattito coordinato dal direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra, il responsabile Pd del settore ‘Politiche per i nativi digitali’ Giovanni Belfiori, Rosi Bottino (Direttore dell’Istituto Tecnologie Didattiche del Cnr), Vittorio Campione (Direttore Generale Fondazione Astrid), Paolo Ferri (Università Bicocca Milano) e  Miriam Celoni (Assessore Istruzione Provincia Pisa).

Si è discusso dei molti cambiamenti che la rivoluzione digitale comporta per la scuola e per i soggetti che vi operano: gli studenti ‘nativi digitali’ da una parte (ormai quasi tutti) e gli insegnanti, che invece in gran parte si sono formati con metodologie e strumenti dell’era gutenberghiana. Ma le novità toccano anche i genitori, dalle iscrizioni online alla comunicazione con la scuola e gli insegnanti.

Sono state affrontate in particolare due tematiche: l’analisi dei processi in corso e delle caratteristiche delle nuove modalità di apprendimento e insegnamento, certamente ‘rivoluzionarie’ rispetto a quelle tradizionali (ne hanno parlato soprattutto Bottino e Ferri), e la questione dell’impatto sociale dell’ingresso delle tecnologie digitali nella scuola italiana.

Sul primo punto è emersa come fondamentale condizione di fattibilità della riconversione digitale della scuola, oltre alla disponibilità di ambienti e attrezzature adeguati, Internet veloce su tutti, quella della formazione tecnologica dei docenti, soprattutto di quelli in servizio, quasi tutti formatisi prima della ‘rivoluzione’, ed è emerso qualche dubbio che l’università italiana di oggi sia in grado di svolgere questo ruolo. Si è evidenziata la necessità di fare sistema, attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti con competenze sul campo, a partire dai centri di ricerca. Un tema da approfondire, puntando anche sulle risorse endogene della scuola (ma evitando le improvvisazioni di un fai da te incontrollato).

L’assessore all’istruzione della provincia di Pisa, Miriam Celoni, ha parlato dei risultati del progetto Netclass”, cofinanziato dalla provincia: si è registrato un incremento del 30% nella frequenza degli studenti e più motivazione da parte degli insegnanti, non solo di quelli già formati, ma anche di altri, inclusi over 60, che si sono saputi mettere in gioco, ricavandone delle soddisfazioni. Quest’anno il progetto verrà esteso anche alla scuola del carcere di Volterra.

Vittorio Campione si è soffermato sulla competenza di navigare nella rete, che richiede un cambiamento dell’attuale modello didattico, accompagnato da una trasformazione degli ambienti di apprendimento. Molto discussa è stata anche la tematica di un equo accesso alla scuola digitale. Dietro le esperienze di frontiera si nasconde infatti il rischio che il già grave divario tra scuole di serie A e di serie B si ampli ulteriormente fino a diventare incolmabile. Le poche e richiestissime scuole e classi 2.0 stanno diventando di fatto scuole a numero chiuso, isole felici per un assai limitato di studenti italiani.

E’ accettabile che gli studenti delle altre scuole, che non dispongono di questi finanziamenti pubblici, abbiano meno possibilità di successo dei pochi fortunati iscritti alle scuole coinvolte nella sperimentazione? La risposta dei partecipanti è stata netta: un Paese come l’Italia non può assumersi questa responsabilità, specie in un momento di crisi come l’attuale in cui occorre puntare più che mai sulla qualità dell’istruzione e della formazione dei giovani.

 

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