Dopo aver ricevuto dall’università di Torino (dove si era laureato in Filosofia nel 1954) la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” Umberto Eco ha aperto – anzi ri-aperto, perché qualche sortita l’aveva fatta anche in precedenti occasioni – la polemica sul ruolo svolto da internet nella diffusione e fruizione istantanea di grandi e incontrollate masse di informazioni.
E ha invitato i giornali “a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno” e i professori a “insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno”.
La polemica, in rete e in parte anche sui giornali, è stata subito forte, assai più forte che in passato, perché non c’è dubbio che l’esplosione dei social media, supportati da smartphone sempre più veloci e potenti, consente oggi un tipo di comunicazione orizzontale aperto a tutti, anche a grandi masse di “imbecilli”, come li chiama Eco senza perifrasi.
“La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore”, argomenta poi da studioso dei media, ma “il dramma di internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.
Di qui l’invito rivolto a giornalisti e insegnanti a utilizzare la rete in modo selettivo. Appello giusto, che però ci sembra che non affronti (o almeno Eco non lo ha fatto in questa occasione) la principale difficoltà: sono davvero in grado gli attuali insegnanti (lo stesso vale per i giornalisti) di utilizzare la rete in modo selettivo? Chi ha oggi l’autorità e la competenza per insegnare agli insegnanti (e ai giornalisti) come si fa, in una fase dello sviluppo delle tecnologie (ICT) che consente agli utilizzatori finali (alunni e lettori) di interagire alla pari con coloro che dovrebbero educarli e informarli? E che fare nelle scuole in presenza di emergenti modelli di costruzione sociale della conoscenza (cooperative learning, flipped classroom, laboratori, simulazioni) che utilizzano internet in modo assolutamente pervasivo?
Temi di grande rilievo nel dibattito e nella ricerca a livello internazionale. E pazienza (anzi meno male) se anche lo scemo del villaggio può sentirsi protagonista e testimone del tempo.
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