Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Discontinuità didattica: un docente che cambia più volte scuola come può tenere il passo?

Questo è stato un anno terribile per la continuità didattica, lo diciamo da giorni nel nostro dossier sulla mobilità degli insegnanti. Oltre 250 mila insegnanti hanno cambiato cattedra, circa 1 su 3. Abbiamo raccontato come vivono il problema i genitori degli studenti che ogni volta si trovano di fronte un docente diverso, ma per gli insegnanti stessi che impatto ha questa girandola di docenti sulla didattica?

Partiamo da presupposto che uno dei tratti distintivi della didattica scolastica riguarda proprio la relazione educativa tra docente e allievo che si alimenta di ingredienti significativi, quali la disponibilità all’ascolto reciproco, l’empatia, la conoscenza e la continuità nel tempo. Se è vero che educare, ex-ducere, significa portar fuori l’altro a se stesso, l’educatore è qualcuno che accompagna l’alunno in questo processo che avviene  in uno spazio e in un tempoCome immaginare l’efficacia di una guida che lungo il percorso assegnatogli deve cedere il proprio ruolo ad un collega?

È chiaro che la  didattica risente negativamente dell’attuale girandola di docenti che si sta verificando in troppe scuole italiane, sia per la pratica didattica del professionista stesso che opera, che per i mancati benefici per l’utenza. Lavorare in maniera continuativa con un gruppo classe permette l’attuazione delle diverse fasi del lavoro del docente. La progettazione avviene già nel mese di giugno dell’anno scolastico precedente per scelta di tematiche che favoriscano lo sviluppo della competenze, progetti curricolari o di ampliamento dell’offerta formativa e in maniera collegiale nelle prime settimane di settembre prima dell’inizio delle lezioni con gli studenti.

Il docente che arriva in corso d’anno deve adattarsi a scelte operate da altri non potendo, inoltre, pianificare ciò che meglio si confà a quella particolare classe. La progettazione non è qualcosa di statico e prescrittivo: l’insegnante che conosce le caratteristiche, le attitudini, le motivazioni e potenzialità del proprio gruppo classe rinegozia, quando serve, quanto previsto con i propri studenti, opzione possibile solo se ha esperienza di lavoro con quegli alunni.

Per quanto sia verificabile l’alto grado di adattamento dei ragazzi al cambiamento e come esso possa rivelarsi stimolante, è pur vero che parliamo di differenti strategie didattiche messe in campo dai docenti in corso d’anno per la stessa disciplina di studio e conseguentemente di diverse onerose richieste agli studenti in termini di produzione di compiti, prodotti, e performance. Operare in una scuola significa condividerne la mission, le scelte educative e didattiche esplicitate nel Ptof, avere familiarità con il curricolo d’istituto e quantomeno conoscere quanto previsto nel PAI, nel protocollo di accoglienza e nel piano di miglioramento.

Come si può chiedere al docente che cambia ordine di scuola, magari anche la disciplina di insegnamento più volte in un anno di tenere il passo?

Le Indicazioni Nazionali del 2012 introducono la certificazione delle competenze precisando che “solo a seguito di una regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione”. Non parliamo esclusivamente di conoscenze verificabili con una interrogazione orale: la competenza richiede tempo per maturare e per essere osservata. La stessa predisposizione di verifiche di competenza è operazione laboriosa, per tanto il docente di “passaggio” avrà molte più difficoltà ad effettuare questo tipo di valutazione e di conseguenza potrebbe risultare lacunosa la rilevazione sull’alunno.

Il gruppo classe è una realtà variegata, delicata e complessa. È possibile e fruttuoso personalizzare un piano di studio, diritto per uno studente, solo conoscendo nel profondo il background emotivo e sociale dell’alunno. A maggior ragione essere informati nel dettaglio sulla certificazione, sul Pei e il Pdp, i percorsi di alfabetizzazione e prima ancora direi sulle necessità degli allievi con bisogni educativi speciali è un dovere del professore che entra in classe e deve saper rispondere in maniera corretta e adeguata a tutti e a ciascuno dei suoi allievi. Ma quale pur responsabile e serio professionista può riuscire a entrare in classe con un tale bagaglio di prerequisiti se viene convocato in tempi strettissimi e si trova in tre/nove classi nuove e numerose?

La formazione dei docenti come sviluppo e esercizio della professionalità in ingresso e in itinere è cosa preziosa, e richiede che le condizioni per poter mettere in campo le proprie competenze siano garantite.

di Carla Sacchi e Martina Bocchi

 

 

 

 

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