Violenza e pornografia nelle chat degli adolescenti: e se la causa fossimo noi?

Qualche giorno fa ci siamo svegliati con l’orrore dentro casa, scoprendo che oltre cento ragazzi dai tredici ai diciannove anni, giovani di buona famiglia, seguiti dai genitori, forse anche bravi a scuola, insomma i “nostri” figli, per “divertirsi” passavano il tempo a scambiarsi immagini inneggianti al nazifascismo, video pornografici, immagini violente e aggressive. Abbiamo letto commenti e corsivi nei quali è stata messa sotto accusa un’intera generazione, riflessioni psicologiche sul ruolo della scuola e dell’educazione, preoccupazioni, certamente giustificate, per il futuro dei nostri ragazzi. Come è possibile, ci siamo chiesti, tanto orrore, schifo e vergogna nelle chat di quelli che sono solo ragazzini, i nostri ragazzini? 

Mentre scrivo queste righe sono connesso ai social e i messaggi WhatsApp vengono visualizzati sul mio pc. Mi colpiscono, in una pagina Facebook che si occupa di politica, i toni usati da sconosciuti che analizzano, o meglio, si schierano da una parte o dall’altra della barricata, l’ultimo confronto tra due leader politici. “Scimmia”, “Fascista schifoso”, “Maledetto comunista” sono solo gli ultimi epiteti in ordine di tempo.

Le cose non migliorano quando il tema è il calcio, i diritti civili, la partecipazione alle manifestazioni di questi giorni. Invito tutti voi a recarvi su una delle tante pagine che si occupano di temi neanche troppo “caldi”, per leggere il tenore, i toni, la vemenza con la quale ci confrontiamo, oltretutto in una dimensione pubblica, altro che “The Shoah Party”, gruppo chiuso e scoperto grazie al coraggio di una madre con la M maiuscola.

Penso anche alle molte chat private di noi adulti, dove spesso tra una battuta e un buongiorno si rischia di scivolare su argomenti quantomeno delicati. Non nego che nel corso degli anni ho ricevuto strani messaggi di auguri, con allusioni più o meno esplicite all’ambito sessuale o  freddure a sfondo razzista o misogino, puntualmente rispedito al mittente, con commenti che spesso hanno provocato rotture e discussioni.

Il punto è che se da un lato nelle chat dei nostri ragazzi passa l’orrore, e questo si evince anche dall’interessante inchiesta realizzata da Skuola.net che ha sottolineato aspetti molto delicati del rapporto che hanno i nostri alunni con i social media, dall’altro non possiamo stupirci più di tanto che questo accada se noi, adulti, genitori e docenti, in privato e pubblico siamo di pessimo esempio. Cosa penseranno i nostri figli quando vedono che insultiamo uno sconosciuto, solo perché di un colore politico diverso dal nostro? E cosa potrebbe accadere se ad aprire il video sbagliato fosse nostra figlia? Anche se ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti. Credo che serva un’educazione alla relazione, anche on line, che si basi su un galateo di buone maniere, che abbia come presupposto il rispetto, l’accettazione reciproca e il rifiuto totale di qualsiasi immagine lesiva dell’essere umano,

Fino a quando il nostro collega o l’amico delle scuole superiori che non vediamo da quindici anni, si sentirà autorizzato a girarci un meme o un video del quale dovremmo giustificarci, ecco fino a quando questo accadrà, oltre a preoccuparci per i nostri figli, dovremmo chiederci se quello che stiamo lasciando è un mondo marcio del quale noi siamo la causa e non la cura.