Valutare per migliorare le scuole

Parlare di valutazione ha significato a lungo, nella scuola italiana, parlare esclusivamente della valutazione degli alunni da parte dei singoli insegnanti o dei Consigli di classe, fermo restando il diritto-dovere di ciascun docente di proporre il suo voto o giudizio.

Solo all’inizio del XXI secolo, dopo un decennio di infruttuosi tentativi del Cede (Centro Europeo dell’Educazione) di definire un modello di Servizio nazionale di valutazione, si è cominciato ad ampliare la gamma degli oggetti e dei soggetti della valutazione: da riferire non solo agli alunni ma anche al sistema scolastico nel suo insieme e ai suoi attori principali – insegnanti e capi d’Istituto (diventati ‘dirigenti’ nel 2000) – e alle scuole. Un passaggio importante è stato la trasformazione del Cede nell’Invalsi, che negli ultimi dieci anni, e a dispetto di una persistente fragilità dell’impianto strutturale, ha sviluppato un’intensa attività di testing a livello nazionale e internazionale (IEA, PISA e altre indagini comparative sugli adulti, gli insegnanti ecc.).

Ma non si può dire che in Italia la cultura della valutazione, intesa in questo suo significato più ampio e più ricco, sia entrata a far parte del patrimonio professionale di chi opera nel sistema scolastico ai vari livelli e nei diversi ruoli, compresi quelli amministrativi.

Per questo il lavoro curato da Brunella Fiore e Tiziana Pedrizzi “Valutare per migliorare le scuole” (Mondadori Education, 2016), un corposo manuale di 300 pagine, va considerato come un valido contributo alla diffusione di quella cultura. La tematica della valutazione vi viene infatti affrontata da diversi punti di vista. La prima parte del volume è aperta da un contributo di Norberto Bottani, antesignano e protagonista delle valutazioni comparative internazionali già dagli anni ottanta dello scorso secolo, sullo sviluppo storico di tali indagini, e sull’acceso dibattito che le ha sempre accompagnate fino ai nostri giorni. Sempre nella prima parte dell’opera si colloca il saggio di Tiziana Pedrizzi, che ricostruisce in modo analitico quanto avvenuto in Italia dagli anni settanta alle più recenti azioni dell’Invalsi in materia di valutazione e autovalutazione delle scuole. Altri contributi sulle diverse tipologie di prove, tra i quali uno di Roberto Ricci sui metodi statistici impiegati per la loro interpretazione e uno di Donatella Poliandri e Sara Romiti sull’osservazione in classe, completano questa parte del libro.

La seconda parte del volume approfondisce il tema della valutazione interna ed esterna delle scuole dal punto di vista dei metodi e degli strumenti impiegati. Brunella Fiore si occupa delle diverse fasi del processo valutativo mentre Marco Bardelli e Nadia Colombo fanno un’attenta rassegna degli strumenti interpretativi dell’esito delle prove, dall’equità degli esiti alla stima del “valore aggiunto”.

Il libro si conclude con una parte antologica che ospita tra l’altro scritti di Anna Maria Ajello, attuale presidente dell’Invalsi, e del suo predecessore Paolo Sestito, che si confronta in uno scambio molto stimolante con Giorgio Israel. Di grande interesse e spessore è infine il breve, ma denso testo (in inglese) di Heinz-Dieter Meyer e Aaron Benavot tratto dalla introduzione al volume curato dai due autori “Pisa and the Gobalization of Education Governance: Some Puzzles and Problems”.