Valeria Fedeli, un nuovo staff per il nuovo ministro?

Il nuovo ministro Valeria Fedeli si appresta a scegliere i suoi più stretti collaboratori.

Un tempo, ormai lontano, al cambio del ministro della PI non seguiva quasi alcun cambiamento del suo staff di collaboratori più stretti, fatto salvo – ovviamente – il capo della segretaria personale. Ci riferiamo al tempo della prima Repubblica, quando in una legislatura potevano avvicendarsi anche quattro-cinque ministri (per esempio tra il 1987 e il 1992 furono ministri Falcucci, Galloni, Mattarella, Bianco e Misasi).

La continuità era assicurata dall’apparato centrale del Miur, a partire da un ristretto numero di direttori generali di lunga durata, che qualche volta fungevano anche da Capi di gabinetto e dell’Ufficio legislativo. Anche l’Ufficio stampa aveva responsabili e collaboratori longstanding. Amministrazione forte e stabile, e politica debole e instabile, favorivano la continuità degli staff centrali.

Una forte discontinuità con questa prassi si è avuta solo con l’avvento della seconda Repubblica (1994), ma non subito (con i ministri D’Onofrio e Lombardi non cambiò quasi nulla): fu Luigi Berlinguer a rovesciare il rapporto tra politica e amministrazione, affermando il primato della prima anche attraverso la spettacolare operazione del cambio di incarico di tutti i direttori centrali, tranne uno (Augenti), e l’assai maggiore attenzione per la comunicazione, istituzionale (fu creato un apposito ufficio) e non.

I ministri successivi hanno accelerato questo processo di de-istituzionalizzazione degli staff centrali, scegliendo collaboratori di stretta fiducia, a partire dal capo di gabinetto e dal capo dell’ufficio stampa. La cosa si spiega anche con il diverso orientamento politico dei governi succedutisi. Nel caso dell’attuale ministro Valeria Fedeli, però, il governo Gentiloni di cui fa parte si pone in forte continuità con quello di Matteo Renzi, che aveva fatto della politica scolastica e della Buona Scuola un suo cavallo di battaglia. Salvo poi, prima del referendum, criticare apertamente la gestione della legge da parte del ministro Giannini.

Sembra chiaro che la nomina di una ex sindacalista Cgil alla guida del Miur ha il significato di una netta correzione di rotta rispetto alla fase precedente di conflittualità, e a volta di incomunicabilità, tra ministro e sindacati della scuola.

Quanto netta sia questa discontinuità lo si capirà ora anche attraverso le scelte che Valeria Fedeli si appresta a fare per quanto riguarda i suoi più stretti collaboratori al Ministero.