Valeria Fedeli e il suo pragmatismo dialogante

La commissione Cultura e Istruzione del Senato ha formulato diverse osservazioni sugli schemi di decreti legislativi presentati dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, elaborati peraltro da gruppi di lavoro nominati in precedenza dall’ex ministra Giannini, e c’è da supporre, vista la ribadita disponibilità al dialogo e alla mediazione dell’attuale titolare di viale Trastevere, che buona parte delle proposte di correzione sarà accolta.

Le novità riguarderebbero, come già riferito da Tuttoscuola, l’indicazione dei voti delle prove Invalsi nel diploma di maturità, l’alternanza scuola lavoro, i voti numerici e il rifiuto della possibilità di bocciare nel corso della scuola primaria.

Il segno comune delle modifiche richieste ci sembra la ricerca di una maggiore inclusività, ben riassunta dalla senatrice Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria PD, che ha specificato che nella scuola primaria “Potranno essere promossi anche i bambini con livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”.

Nella stessa direzione va la proposta di sostituire i dieci numeri che costituiscono l’attuale scala di classificazione delle prestazioni degli studenti, di cui cinque inferiori al minimo richiesto di sei, con le cinque lettere ABCDE, di cui solo l’ultima, la E, segnala una ‘non sufficienza’: una condizione cui porre rimedio, che sostituisce la gamma delle ‘insufficienze’, voluta a suo tempo dall’ex ministra Mariastella Gelmini con motivazioni idealmente meritocratiche (legge n. 169 del 2008) ma con concreti effetti selettivi ed escludenti.

In generale si nota un orientamento a personalizzare il processo formativo, puntando sulla valorizzazione delle risorse e dei potenziali individuali, in un’ottica di depotenziamento dei fattori di espulsione dal contesto educativo, tra i quali le insufficienze e le bocciature. Da questo punto di vista può trovare forse una spiegazione anche la richiesta di non indicare nel diploma di maturità il voto conseguito nella prova Invalsi del quinto anno, pure opportunamente confermata nella sua obbligatorietà.

Non si può non osservare, tuttavia, che se la filosofia perseguita è quella della personalizzazione dei percorsi, anche l’esito della prova Invalsi, che è individuale, potrebbe legittimamente essere considerato nel curriculum dello studente: magari non nel diploma di maturità, ma certamente nel suo portfolio formativo.