USA, Cyber Charter Schools: solo un inganno per studenti più deboli?

La designazione della imprenditrice Betsy DeVos alla guida del Department of Education da parte del nuovo presidente degli USA Donald Trump sta suscitando, come già segnalato da Tuttoscuola, forti riserve e polemiche tra i sindacati della scuola e nel mondo accademico americano. 

La DeVos è da tempo schierata sul fronte dei sostenitori della libertà di scelta tra scuole pubbliche e scuole private o private convenzionate e finanziate con fondi pubblici, come le Charter Schools, e dell’impiego sistematico dei vouchers (buoni scuola), utilizzabili dalle famiglie per esercitare concretamente la libertà di scelta tra le diverse opzioni.

Anche il vicepresidente eletto, Mike Pence, come governatore dell’Indiana ha promosso una legislazione di forte sostegno delle Charter Schools, una tra le più favorevoli negli Stati Uniti, e non a caso l’Indiana è uno dei 25 Stati americani nei quali è consentita e si è più sviluppata una particolare fattispecie di quel modello di scuola, la Cyber Charter School, fruibile dagli iscritti anche interamente online o più spesso attraverso forme miste (hybrid) di frequenza, in parte in classe e in parte a casa. A differenza degli homeschoolers, che si pongono anche formalmente al di fuori del sistema educativo istituzionale, gli iscritti a queste scuole ne fanno parte, perché le Charter sono organizzazioni riconosciute e finanziate con fondi pubblici. Ma come funzionano, qual è la loro qualità?

Un rapporto del 2015 (Keeping Pace with K–12 Digital Learning 2015) quantifica la popolazione scolastica di queste Cyber scuole in 275.000 studenti, distribuiti nei 25 Stati che le consentono, mentre un approfondito studio del National Education Policy Center (NEPC) riferito ai 36.000 studenti della Pennsylvania, ha accertato che a scegliere questo modello di scuola è la parte economicamente più svantaggiata della popolazione scolastica.

Quanto alla preparazione ricevuta, un recente rapporto del Center for Research on Education Outcomes (CREDO) della Stanford University, che ha posto a confronto campioni di studenti di identica età e condizione economico-sociale (“twins”), ma iscritti a tre diversi tipi di scuola – scuola pubblica, Charter School e Cyber Charter School – in 17 diversi Stati, ha verificato che gli studenti delle scuole Cyber hanno realizzato le peggiori performance: in lettura in 14 casi su 17, e in matematica in 17 su 17.

Sono dati che i ricercatori del Great Lakes Center for Education Research and Practice, un centro molto impegnato nella divulgazione dei risultati della ricerca socio-educativa, sottopongono all’attenzione della futura ministra DeVos perché faccia le sue valutazioni e ne tenga conto, evitando politiche di indiscriminato (e dissennato, aggiungono) finanziamento di questo tipo di scuole.