Università: miliardo che va, miliardo che viene

Secondo quanto riferiscono cronisti politici e retroscenisti dei principali quotidiani nell’ultimo consiglio dei ministri il titolare dell’economia Giulio Tremonti avrebbe finalmente dato il via libera a una serie di spese, sollecitate dai suoi colleghi di governo a volte con particolare foga polemica, come nel caso di Stefania Prestigiacomo (“Giulio, piantala di trattarci da scolaretti!”).

L’uso del condizionale ci sembra opportuno in una vicenda che ha finora visto alternarsi notizie contraddittorie sulla disponibilità delle risorse, e soprattutto sulla disponibilità di Tremonti ad utilizzarle.

Si tratterebbe di sette miliardi, di cui uno destinato al finanziamento della riforma universitaria: molto più di ciò che proponeva un emendamento del Fli in commissione Bilancio (270 milioni), e più o meno quanto considerato necessario per dare attuazione alla riforma targata Gelmini.

L’inversione di rotta, se veramente ci sarà, del finora arcigno custode dei conti nazionali può essere interpretata in due modi. Il primo è che la dura politica di tagli e risparmi imposta da Tremonti abbia dato frutti tali da consentire di riallargare i cordoni della spesa pubblica. Ma c’è una seconda possibile spiegazione: che la soddisfazione di esigenze che riguardano grandi masse di interessati (oltre che per l’università sono previsti fondi per i cassaintegrati, per la detassazione degli straordinari, per la proroga del bonus Irpef sulle ristrutturazioni edilizie, per il 5 per mille destinato al non profit, e altre voci di spesa) sia legata a considerazioni di tipo politico più che economico: acquisire consensi in vista di possibili elezioni nella prossima primavera.