Università, la rivincita del rettore Giannini

Se sul versante della scuola il ministro Stefania Giannini ha sempre dato l’impressione di subire l’iniziativa del premier Renzi (fino a dichiararsi “basita” di fronte a decisioni che non l’avevano coinvolta, come quella di passare dal decreto al disegno di legge per varare la ‘Buona Scuola’), non altrettanto si può dire per il settore dell’università, da lei certamente meglio conosciuto anche per la sua lunga esperienza di rettore dell’università per stranieri di Perugia (dal 2004 al 2013).

Così nella due giorni sull’università promossa dal Partito democratico all’interno dell’Università di Udine (location contestata dalle opposizioni, soprattutto dalla Lega) Giannini ha giocato d’anticipo snocciolando, di fronte a una platea di autorità accademiche (presidenti di Crui e Anvur, rettori, direttori di dipartimento, professori ordinari e associati, leader studenteschi), un vero e proprio piano di rilancio delle università italiane: 500 cattedre d’eccellenza “e aggiuntive” da assegnare con un concorso straordinario la prossima primavera  (“ma solo per alcune discipline, fortemente richieste nel paese: ambiente, energia, sanità”), mille ricercatori assunti con la Legge di stabilità, altri quattromila previsti dal Piano nazionale della ricerca, la liberalizzazione delle assunzioni dei giovani ricercatori con la caduta dei divieti finanziari, l’affidamento diretto agli Atenei della gestione delle borse di studio. E poi il superamento della “prova a crocette” per l’accesso alle facoltà di Medicina e la fine dei “conservatori musicali che insegnano a tutti”, per farne di nuovo “scopritori e formatori dei futuri Verdi e Puccini, l’alta velocità musicale per chi ha le qualità”.

L’impressione è che la ministra Giannini assomigli sempre di più a un Giano bifronte: forte con il volto dell’università, meno incisiva con quello della scuola (dove deve fare i conti con l’attivismo di molti, da Faraone a Puglisi a Toccafondi, e con il protagonismo di Renzi).