Trump: Fine di un’era?

Il clamore suscitato dalla vittoria di Donald Trump nelle elezioni svoltesi martedì scorso negli USA è stato enorme in tutto il mondo, certamente di gran lunga superiore a quello che avrebbe accolto il successo della iperfavorita Hillary Clinton.

Non spetta a noi, che ci occupiamo di scuola, commentare l’evento dal punto di vista politico, ma non c’è dubbio che ciò che è accaduto, contro ogni previsione, nel Paese guida del mondo liberal-democratico avrà ripercussioni anche sul versante delle politiche educative, e non solo negli Stati Uniti (tema che approfondiamo nelle news successive) ma anche in Europa e in Italia.

In qualche modo è come se l’oceano atlantico si fosse allargato, rendendo meno aperto il dialogo, lo scambio, l’interazione tra l’Europa e una nazione, come gli USA, che eleggendo Trump come proprio commander in chief  ha fatto una chiara scelta di tipo conservatore e neoisolazionista, in linea peraltro con tendenze più volte emerse nella storia di quel Paese. Su scala molto più grande si è ripetuto il fenomeno della Brexit, che ha a sua volta messo in evidenza l’aspetto autodifensivo dell’allontanamento della Gran Bretagna da un’Europa divisa e in crisi.

Così l’America first di Donald Trump sembra significare prima di tutto la rinuncia, da parte degli USA, al ruolo di alfiere e garante a livello mondiale del modello di democrazia pluralista e partecipativa svolto da quel Paese dopo la fine della seconda guerra mondiale. Un ruolo esercitato costantemente, con presidenti sia democratici sia repubblicani, con rilevanti costi economici (che Trump ora non intende più sostenere), e che ha significato anche egemonia culturale in tanti settori, dalla musica all’innovazione tecnologica, dalle bioscienze (intelligenza artificiale, neuroscienze, scienze cognitive), alla ricerca nel campo delle scienze sociali applicate anche ai processi educativi, come dimostra la forte influenza esercitata dai modelli valutativi made in USA sulle indagini comparative internazionali come quelle promosse dall’Ocse (PISA e TALIS ne sono un esempio).

È questa egemonia culturale a forte proiezione internazionale destinata a declinare, a causa del ripiegamento sulle questioni interne annunciato da Trump?