Test ingresso: perché riformare la modalità di accesso alle facoltà a numero chiuso

Com’è noto, in Italia l’ingresso ad alcune facoltà a carattere scientifico è a numero chiuso, metodo introdotto in passato per garantire un’adeguata istruzione ed evitare un sovraffollamento del mercato del lavoro. Oggi è ancora questa la ratio dietro al numero chiuso? Il test d’ingresso garantisce davvero l’accesso ai più meritevoli? Non esattamente.

È triste, ma è solo una questione di soldi.

La recente scelta di alcuni atenei di introdurre il numero chiuso anche per facoltà umanistiche è dettata dall’impossibilità di coprire le spese per un elevato numero di studenti e ciò perché il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), ovvero il fondo ministeriale che ripartisce le risorse ai diversi atenei, è in costante diminuzione di anno in anno. Il paradosso è che non è nemmeno tanto elevato questo numero di studenti: siamo uno dei paesi europei con la più bassa percentuale di laureati nella fascia di età 25-34. L’introduzione della No Tax Area, fortemente voluta dal MoVimento 5 Stelle, è senza dubbio un passo avanti per cambiare le cose.

Non basta.

Bisogna assolutamente riformare la modalità di accesso ai corsi di laurea a numero chiuso. Nel 2014 ho presentato coi miei colleghi una proposta di legge dettata dal buon senso e lontana da ogni populismo e di cui chiediamo la calendarizzazione in VII commissione da diversi mesi. La proposta prevede l’introduzione del modello francese nel nostro ordinamento, ovvero ingresso al primo anno garantito a tutti e spostamento del test solo alla fine di questo. Un test non più basato sulla conoscenza del significato della parola “grattachecca” o del numero di mariti di Liz Taylor, ma basato sulle materie studiate durante l’anno accademico. Gli studenti che non passano il test potranno convalidare i crediti delle materie date presso altri corsi di laurea.

Nel caso di Medicina, il numero di posti disponibili non sarà dettato dall’offerta dell’ateneo, ma basato sulla proiezione del fabbisogno di medici di lì a 11 anni per il SSN.

La proposta di legge prevede anche l’introduzione del diritto alla specializzazione. Oggi infatti ci sono troppi medici che non possono accedere alla scuola di specializzazione o ai corsi di medicina generale per mancanza di borse di studio. CI ritroviamo pertanto nella paradossale situazione di un sistema SSN che necessita medici (e ne necessiterà ancor di più con l’aumento dell’età media della popolazione) e medici laureati in fila per poter completare il loro percorso di studi post laurea. La nostra proposta prevede l’erogazione di un numero di borse di studio pari al numero di laureati dello stesso anno, il quale numero ricordo essere dettato proprio dal numero di iscritti, e quindi basato sulla necessità del SSN stesso.

Lo so, sarebbe molto più bello eliminare del tutto il numero chiuso, ma dobbiamo con realismo riconoscere che il nostro sistema universitario e il mercato del lavoro non permettono una trasformazione così brusca del metodo di accesso a questi corsi di laurea. Una cosa certa è che la nostra proposta fa un passo concreto verso l’abolizione di questo sistema, mentre la politica odierna spinge verso l’opposto.

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