Supplentite guarita in tre anni/1. L’annuncio e i dubbi

Il ministro dell’istruzione Stefania Giannini ha dichiarato nei giorni scorsi che il fenomeno delle supplenze dilaganti (la cosiddetta supplentite) sarà risolto entro i prossimi tre anni, una scadenza che coincide, non casualmente, con il triennio di validità del concorso in atto.

Il fenomeno dovrebbe essere vinto nella sua natura patologica (supplenze annuali e supplenze temporanee fino al 30 giugno), ma dovrebbe rimanere soltanto – ha precisato il ministro – nella natura fisiologica delle supplenze brevi. L’annuncio è stato accolto dagli ambienti sindacali con dubbi e perplessità. Fondati?

Diremmo di sì. In effetti non basta annunciare questo obiettivo, peraltro auspicato e condiviso da tutti, ma occorre anche indicare, se pur a grandi linee, le azioni con le quali si intende perseguire tale obiettivo e con quali risorse finanziarie sostenerlo.

Per risolvere la patologia delle supplenze, infatti, non basta stabilizzare con il concorso i posti vacanti e disponibili coperti dalle supplenze annuali (20-25 mila posti comuni ogni anno e altri 10 circa di sostegno). Occorrono nuovi e diversi interventi legislativi, perché quelli attuali, compresa la legge 107/15, non sono sufficienti allo scopo.

Nell’estate del 2014 lo stesso ministro Giannini durante il meeting di Rimini annunciò la fine della supplentite, anticipando, forse con eccessivo ottimismo, il piano renziano della Buona scuola. A quell’annuncio, però, non seguirono fatti concreti efficaci.

Il nuovo annuncio per vincere la patologia delle supplenze entro un triennio suona ora implicitamente come riconoscimento della complessità del fenomeno e, soprattutto, della sua piena e immodificata esistenza in vita. Cerchiamo di capire meglio la situazione e le possibili aree di intervento.