Smartphone in classe: asse Lega-FI per vietarlo?

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Torna d’attualità la questione dell’utilizzo degli smartphone in classe, come riferito nei giorni scorsi da Tuttoscuola. È interessante notare che a proporne il divieto sono una esponente dell’opposizione, l’ex ministro Mariastella Gelmini di FI, e una della attuale maggioranza, la deputata della Lega Giorgia Latini: chissà che non si profili un asse di centro-destra anche sulla politica scolastica, oltre che sull’immigrazione, sulla TAV, sulle trivelle, sulla sicurezza…

Il divieto, “salvo casi particolari specifici, di utilizzo del cellulare e di altri dispositivi elettronico-digitali nei luoghi e negli orari dell’attività didattica”,è contenuto nella proposta di legge volta a rafforzare l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole primarie e secondarie all’ordine del giorno della commissione Cultura della Camera, che ha cominciato a discuterne il 24 gennaio. Secondo il deputato leghista Massimiliano Capitanio, primo firmatario della proposta in esame (che sarà probabilmente abbinata ad altre simili), “dovrebbe essere una norma di buon senso tenere il cellulare spento in classe. Un po’ come uno non tiene il casco in testa. Purtroppo però assistiamo continuamente alla diffusione di video registrati di nascosto a danni di compagni e docenti”.

A quanto pare la principale preoccupazione dei proponenti non è di tipo pedagogico ma disciplinare. Diverse, assai più legate a ragioni di tipo pedagogico (la distrazione e la passivizzazione dell’alunno che apprende), erano state le ragioni che avevano indotto l’anno scorso il presidente francese Macron a sostenere il divieto, già entrato in vigore nel corrente anno scolastico. Anche l’Ocse, e in Italia, tra gli altri, il pedagogista Benedetto Vertecchi, già presidente dell’Invalsi e attento studioso delle nuove tecnologie, hanno avanzato forti riservesull’utilizzazione sistematica degli smartphone, e più in generale dei computer, come fondamento di una nuova, più efficace didattica.

Sul tema, consensi e dissensi appaiono trasversali sia dal punto di vista pedagogico-didattico sia sul versante politico: una buona ragione per approfondire ulteriormente il problema, magari definendo meglio tempi e modi dell’utilizzazione didattica dei dispositivi elettronici, e vietandone l’uso per altri scopi.In questa direzione sembra muoversi la decisione dell’Istituto Massimo di cui parliamo nella news successiva.