Se il sistema giudiziario mette in ginocchio l’Amministrazione scolastica

Il contenzioso scolastico, si sa, ha raggiunto livelli preoccupanti. Non passa giorno senza che le cronache giudiziarie registrino esiti, spesso sfavorevoli per l’Amministrazione scolastica, relativi a ricorsi di personale scolastico intenzionato a difendere i propri interessi, veri o presunti.

Si può dire che non vi sia concorso o graduatoria che passi immune da ricorsi da parte di candidati esclusi, ancorché consapevoli che le regole dei bandi e dei regolamenti danno loro torto. Ormai è convinzione diffusa che con un buon avvocato qualche criticità nei bandi o nelle procedure di selezione la si trova sempre. E con un buon studio legale e una buona difesa è più facile strappare una sentenza favorevole o un’ordinanza di sospensiva.

Un ricorso, insomma, non lo si nega a nessuno: fin che c’è ricorso c’è speranza.

A volte l’Amministrazione scolastica o, soprattutto, le commissioni di concorso fanno la loro parte per rendere più facile l’impugnativa.

Ma il punto debole, il vulnus sostanziale dell’intera vicenda di contenzioso non sta del tutto nella procedura o nell’atto, ma piuttosto nel giudizio finale in tribunale.

L’Avvocatura dello Stato, sopraffatta da valanghe di ricorsi (non ci sono soltanto quelli della scuola), fatica infatti non poco a fronteggiare in modo adeguato le cause che vengono esperite davanti ai tribunali, tanto che recentemente ha rinunciato a trattare le cause minori. Gli stessi tribunali spesso non hanno tempo per approfondire adeguatamente le materie oggetto di contenzioso.

I legali dei ricorrenti, invece, sanno il fatto loro e trattano con buona competenza le impugnative.

In questo modo molte volte lo scontro risulta impari e l’Amministrazione soccombe, anche se ha ragione, come nel caso di Trento.