Scuola&Società/2. L’alternanza segna la decadenza della cultura umanistica?

Nella sua rubrica ‘Scuola’, pubblicata settimanalmente nell’inserto settimanale Sette del Corriere della Sera, lo scrittore e saggista Giovanni Pacchiano, già professore di italiano e latino nei licei, sta analizzando con attenzione l’impatto della legge 107/2015 all’interno delle scuole attraverso una serie di colloqui con i docenti, investiti dalle novità della Buona Scuola.

Tra queste è soprattutto il tema dell’alternanza a far discutere (argomento al quale è dedicato uno speciale di ben 16 pagine nel numero di Gennaio di Tuttoscuola). Non per le sue, peraltro evidenti, difficoltà di realizzazione pratica, ma perché nella scelta di accordare all’alternanza uno spazio rilevante in termini sia quantitativi (400 ore nel triennio degli istituti tecnici e professionali, 200 nei licei) sia di strategia dell’innovazione molti insegnanti, tra quelli ascoltati da Pacchiano, ravvisano una sostanziale subordinazione della scuola a logiche di tipo aziendalistico.

L’alternanza, resa obbligatoria per tutti – osserva un insegnante di liceo citato nella rubrica della scorsa settimana – sarebbe il segno dell’“appiattimento” della scuola sulle logiche del mercato del lavoro, che sono quelle del profitto, non quelle, che dovrebbero costituire la mission della scuola pubblica, di una formazione libera e critica.

Nel dibattito in corso vengono spesso citate (lo fa anche Pacchiano) le argomentazioni sviluppate dai liberal americani, soprattutto da Martha Nussbaum nel suo saggio Non per profitto, che coglie nel declino delle discipline umanistiche in favore di quelle tecnico-professionali, tese a formare competenze massificate valutabili con test standardizzati, i presupposti della crisi del modello democratico, che richiede invece una formazione libera, aperta, critica, non subordinata alla logica di uno sviluppo economico fine a se stesso, sganciato da valori etico-sociali come quelli dell’equità, della solidarietà, della tolleranza. Valori radicati, si sostiene, nella cultura e nella formazione umanistica.

Chi non condivide che la missione della scuola (statale e non) sia in primo luogo di offrire una formazione libera e critica, ricca di valori etici? Ma questa è l’unica missione, o va coniugata con altri compiti che la società moderna assegna alla scuola? Di fronte a tassi di abbandono che nella scuola secondaria superiore statale sfiorano il 30%, di fronte a un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 40%, ci si deve porre questa domanda. Quel quarto dei nostri ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano rischiano di essere tagliati fuori, di ritrovarsi ai margini della società. La scuola non può permettersi di non tenere conto di questo, vanno affrontate nuove sfide.

Le esperienze di alternanza possono essere un arricchimento nella formazione dei ragazzi: bisogna lavorare per organizzarle bene (e servono dal centro proposte di modelli, indicazioni operative, corsi di formazione, supporto e consulenza), all’interno di una cornice formativa che poggi su solide basi culturali ed etiche. Ciò esalterebbe la forza della cultura umanistica in particolare. Se non si fa nulla, la sua decadenza, invece, è già segnata: oggi il liceo classico è scelto solo dal 6% degli studenti (da circa il 2% degli studenti maschi), a cosa si deve arrivare, al 3% (come peraltro già accade in alcune importanti regioni) per reagire e cambiare qualcosa?