Venti di crisi: in gioco è il futuro dell’Italia e dell’Europa

Forse mai come in questa difficile fase della storia europea e di quella italiana – che è alle prese con una crisi che da politica sta diventando istituzionale – si è andati (o si sta andando?) così vicini alla dissoluzione di quella rete di protezione dalle tentazioni sovraniste e nazional-populiste che ha garantito a questa parte del mondo oltre 70 anni di pace e di crescita economica, dopo secoli di guerre e una prima metà del novecento sommersa dal sangue delle decine di milioni di militari e civili morti nelle due guerre mondiali, entrambe nate in Europa.

Si potrà sostenere, con qualche ragione, che la pur fitta rete delle istituzioni comunitarie realizzata nel dopoguerra si è rivelata fragile, soprattutto poco solidale, inadeguata ad aiutare gli Stati in difficoltà finanziarie come l’Italia (e prima la Grecia) a superare i momenti di crisi, ma ciò è avvenuto e sta avvenendo perché il processo di costruzione dell’Unione europea è stato più volte interrotto, sbarrando la strada alla formazione di quell’Europa federale, libera e unita, individuata già dal Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941, come unico, sicuro argine allo scontro degli interessi e delle ideologie, causa prima delle guerre. Insomma, ci sarebbe bisogno di più Europa, non di meno Europa (magari senza euro e ripristinando le frontiere tra gli Stati membri) come vanno predicando alcuni replicanti nostrani del nazional-populista slogan trumpiano “America first”. 

Sarebbe bene che gli studenti di tutta l’Europa ricevessero, attraverso appositi programmi da introdurre in tutti gli Stati membri dell’UE, un’adeguata informazione sui disastri materiali e morali provocati dalle guerre. Con i mezzi multimediali di cui oggi si dispone basterebbe un modulo di poche ore per mostrare e rendere indimenticabili le immagini di violenza e di morte che hanno costellato la prima parte del “secolo breve”. 

Parallelamente i decisori politici europei dovrebbero tener conto di quanto osserva l’ambasciatore Sergio Romano nel suo ultimo libro, Atlante delle crisi mondiali(Rizzoli): “Raramente le circostanze sono state altrettanto favorevoli a coloro che vogliono vivere in una Europa federale”, scrive, anche perché l’America ha eletto Donald Trump e dunque “la Ue ha l’obbligo e l’interesse di pensare a se stessa, soprattutto in materia di difesa”. E, ci permettiamo di aggiungere, in materia di salvaguardia del proprio immenso, multiforme e pur unitario e unificante patrimonio culturale. Chissà se i protagonisti dell’attuale, complessa fase politica terranno conto di quanto suggerisce Sergio Romano, autorevole e saggio testimone delle tragedie del Novecento.