Scuola digitale: l’incerto destino del Piano Nazionale

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Nei giorni scorsi Paolo Ferri, docente di tecnologie didattiche, teoria e tecnica dei nuovi media all’università Bicocca, uno dei più noti esperti consultati dal Miur nella scorsa legislatura per la predisposizione del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), ha lanciato un forte allarme sulla sorte dello stesso piano sostenendo in un documentato articolo pubblicato sul sito Agendadigitale.eu che “Da quando c’è questo Governo sono stati stanziati solo 35 milioni attraverso un solo provvedimento emanato a fine novembre. Di questi, 22 milioni sono dedicati agli ambienti digitali didattici innovativi, 7,5 milioni per potenziare la formazione delle competenze digitali degli studenti e per realizzare iniziative di formazione degli insegnanti, due milioni per le scuole delle aree a rischio e altri 1,5 milioni al premio nazionale scuola digitale”. Cifre ben al disotto di quelle previste dai governi Renzi-Gentiloni, “che avevano stanziato 500 milioni nel biennio 2016-2018”.

Un allarme infondato, ha subito replicato il sottosegretario con delega al Piano, Salvatore Giuliano, che con Paolo Ferri aveva a suo tempo collaborato alla stesura del PNSD: “Non è vero nulla”, ha detto Giuliano, che però non è entrato nei particolari: “Stiamo lavorando e presto vi sarà la costituzione di un comitato scientifico proprio sul Piano nazionale digitale”. 

Il timore, se non il sospetto, scrive Ferri citando un articolo di Roberto Maragliano (pedagogista antesignano della scuola digitale) comparso sempre su Agendadigitale.eu, è che la frenata tragga origine dalla constatazione che la scuola italiana, i suoi insegnanti e i suoi dirigenti abbiano ancora “il terrore del digitale: sì proprio il terrore! Un terrore di cui, forse, il ‘governo del cambiamento’ è consapevole e che utilizza, colludendo con un gran numero di insegnanti e dirigenti, per non spingere sul versante di un’innovazione più che necessaria ma ancora osteggiata.  Insegnanti e dirigenti, nella loro maggioranza, temono ancora l’’aumento digitale’ delle nostre istituzioni formative perché esso ne mette radicalmente in discussione i presupposti, la cultura e i fondamenti metodologici oltre che gli strumenti di lavoro”.

Ma se Ferri e Maragliano sostengono con convinzione la causa della digitalizzazione dei processi formativi, altri studiosi esprimono dubbi e riserve, come vediamo nella notizia successiva.