Reti territoriali. Perché?

Se l’operazione “nuova autonomia” deve essere attuata a costo zero, come afferma (per evidente intervento del ministero dell’economia) l’ultimo comma dell’art. 50 del DL 5/2012 sulle semplificazioni, come si può interpretare la disposizione che prevede “la costituzione, previa intesa con la Conferenza unificata … di reti territoriali tra istituzioni scolastiche, al fine di conseguire la gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie?”. Per quelle reti territoriali la stessa disposizione prevede la “definizione di un organico di rete”.

Poiché allo stato attuale non è possibile aumentare l’organico, da dove possono essere presi i posti per la rete se non dalle attuali dotazioni delle stesse istituzioni scolastiche?

Escluse le dotazioni di organico di docenti impegnati nell’insegnamento all’interno del proprio istituto, le uniche risorse che possono essere stornate per dar vita agli organici delle reti territoriali sembrano essere quelle del sostegno agli alunni disabili (impropriamente chiamati nel decreto legge “diversamente abili”).

Se in qualche modo nasceranno queste DOT (dotazioni di organico territoriale) chi le avrà in carico? Chi le gestirà? O vi sarà una specie di self-service da parte delle scuole secondo il proprio fabbisogno?

Un organico di rete per posti di sostegno si può, forse, capire se trasforma tutti (o quasi tutti) i posti attualmente esistenti in organico di diritto, stabilizzandoli e assicurando continuità a favore degli alunni disabili e qualità del servizio.

È doveroso attendere le linee guida che usciranno tra quattro mesi, ma non si possono già nascondere interrogativi e perplessità per questa nuova versione delle reti territoriali che rischiano di diventare – se non sarà reso più chiaro il quadro – sovrastrutture di cui le istituzioni scolastiche, ora alle prese con i carichi di lavoro derivanti dal ridimensionamento, non sentivano il bisogno.