Questioni strutturali del sistema educativo: demografia e qualità

Questioni strutturali del sistema educativo/1

Se invece si vuole alzare lo sguardo si possono vedere importanti questioni, almeno tre, ormai divenute strutturali per il nostro sistema, che potranno condizionarne lo sviluppo e la qualità e dalle quali dipendono anche diversi interventi sul piano didattico, organizzativo e del lavoro.

La prima viene posta dalle numerose analisi di Tuttoscuola (https://www.tuttoscuola.com/il-calo-delle-nascite-determiner-la-perdita-di-quasi-40-mila-posti-di-docente/;https://www.tuttoscuola.com/lo-sboom-delle-nascite-e-gli-effetti-sulla-scuola/https://www.tuttoscuola.com/lo-sboom-di-nascite-dellultimo-quinquennio-e-gli-effetti-sulla-scuola/;https://www.tuttoscuola.com/pesante-calo-alunni-nel-mezzogiorno-record-negativo-campania-sicilia/;https://www.tuttoscuola.com/cala-numero-delle-classi-soprattutto-nel-mezzogiorno/;https://www.tuttoscuola.com/decremento-demografico-ed-effetti-sui-servizi-scolastici/;   https://www.tuttoscuola.com/decremento-demografico-sara-ancora-mezzogiorno-risentirne/;https://www.tuttoscuola.com/culle-sempre-pi-vuote-e-banchi-senza-alunni/;https://www.tuttoscuola.com/quel-calo-di-nascite-su-cui-riflettere/;https://www.tuttoscuola.com/quel-pesante-calo-di-alunni-che-richiede-di-programmare-scelte-qualificate/;https://www.tuttoscuola.com/calo-delle-nascite-i-primi-effetti-sui-servizi-per-linfanzia/) e da quella della Fondazione Agnelli con “orizzonte 2028”, una ricerca sull’evoluzione delle popolazione scolastica. Nel prossimo decennio diminuirà di circa un milione la popolazione studentesca, con una prevalenza al sud; nella scuola superiore al nord e al centro ci sarà un aumento del 4-6%, mentre nel meridione un calo del 13%. Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Umbria e Lazio saranno le uniche regioni a crescere.

Secondo gli attuali calcoli degli organici verranno soppresse 55.600 cattedre, con un sostanziale raffreddamento del turnover e della mobilità territoriale dei docenti, totalizzando un risparmio di circa due miliardi di euro all’anno. Si risolveranno così le tanto accese trattative per gli spostamenti del personale ed il ministro non dovrà più pensare a mantenere la continuità didattica per eccesso di movimenti: la ferma dei docenti per almeno tre anni nel primo posto assegnato, da tempo evocata ma mai praticata davvero, non dovrà più preoccupare: al contrario faremo ancora più fatica a svecchiare il nostro corpo docente, il più anziano d’Europa.

E’ già successo che un ministro dell’economia distraesse il ricavato dei tagli di personale convogliandoli verso altre amministrazioni; il decremento demografico continua ad essere un importante contributo della scuola alla spending review, nonostante non lo si voglia far apparire. Se non si vuole impoverire il servizio occorre investire questo surplus di personale e l’ulteriore tentativo di esaurimento del precariato nell’aumento di qualità dell’offerta formativa, nell’organico di potenziamento che valorizzi l’autonomia dei progetti di istituto, nell’apertura delle scuole oltre l’orario curricolare (una proposta organica in questo senso Tuttoscuola l’ha fatta nel 2013 con il dossier “Sei idee per rilanciare la scuola”, scaricabile gratuitamente qui: https://www.tuttoscuola.com/prodotto/idee-rilanciare-la-scuola-un-dossier-tuttoscuola/), nell’aumento degli interventi sul fronte dell’educazione degli adulti con particolare riferimento agli stranieri.

La seconda questione ci è suggerita dall’INVALSI che ha appena pubblicato il suo ultimo rapporto, dal quale emerge la necessità di sostenere la qualità del nostro sistema, soprattutto al sud. Sono tanti anni ormai che i dati si ripetono: non è giunto il momento, anche per effetto del contenimento quantitativo, di intervenire in modo massiccio sugli aspetti qualitativi? Anche l’aggiunta dell’inglese nelle prove non ha sostanzialmente cambiato le cose: il sistema continua ad essere abbondantemente sperequato. Escludendo che le cause possano rintracciarsi nell’impreparazione dei docenti, dal momento che quelli del sud operano grandemente anche al nord, non c’è dubbio che ci si debba riferire alle condizioni socio-economico-culturali delle famiglie e dei contesti, nei quali le scuole non sono in grado di apportare il “valore aggiunto”. O si riesce ad intervenire su detti contesti, o servono iniezioni di formazione, anche fuori dalla scuola, utilizzando in maniera più adeguata e controllata i progetti europei a cui possono accedere largamente proprio quelle regioni che oggi presentano i risultati più insoddisfacenti sugli apprendimenti.