Quelle regole per i servizi essenziali in caso di sciopero

Ma qual è il contesto normativo che regola gli scioperi in un servizio pubblico essenziale come la scuola? Approfondiamo ulteriormente quanto già con chiarezza espresso nel report “Scioperi con pochissimi scioperanti e…tante scuole ferme”.

Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.

L’articolo 40 della Costituzione ha restituito a tutti i lavoratori il diritto di sciopero negato dalla dittatura fascista; da quel momento, per oltre 70 anni, milioni di lavoratori del settore pubblico e privato hanno potuto esercitare liberamente quel diritto costituzionalmente garantito.

Tuttavia negli anni ’70 e ’80 l’uso selvaggio di quel diritto, spesso effettuato da parte di sindacati minori anche in spregio ai valori minimi di convivenza civile, ha reso necessario dare attuazione con legge al dettato costituzionale per regolare lo sciopero in particolare nei servizi pubblici, non bastando l’autoregolamentazione proposta dai sindacati maggiori per impedire l’astensione selvaggia di sigle sindacali minori.

La legge 146/90, emanata quasi trent’anni fa, ha disposto le regole per contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione.

Dieci anni dopo un’altra legge, la 83/2000 ha perfezionato ulteriormente la 146, dando piena attuazione al dettato costituzionale per l’esercizio del diritto di sciopero nell’ambito delle leggi.

Domanda: in questo trentennio di sciopero regolamentato nei servizi pubblici essenziali vi è stata limitazione del diritto di sciopero?

Altra domanda: nella scuola, in particolare, quel diritto è stato conculcato? Non ci sembra.

Nel report di Tuttoscuola sono stati messi in evidenza alcuni aspetti contrattuali che nulla hanno a che fare con il diritto allo sciopero – che resta integro e tutelato – ma che riguardano, invece, gli effetti negativi sul servizio provocati dalla facoltà dei docenti di non comunicare preventivamente l’adesione allo sciopero. Da lì si produce una catena di effetti, che vanno dalla impossibilità per i dirigenti scolastici di valutare chi sarà in servizio quel giorno (si trovano così costretti a informare le famiglie che “Non si garantisce il regolare svolgimento delle lezioni”), al tam tam che si diffonde sui media e sui social riguardo ai disagi che si creeranno: fattori che spingono molte famiglie e non mandare i figli a scuola. C’è infatti una abissale differenza tra l’esiguo numero di partecipanti a molti degli ultimi scioperi nella scuola (proclamati da sigle con non più di poche migliaia, in taluni casi centinaia, di iscritti; in altri casi addirittura non arrivano a due decine di iscritti) e l’elevato numero di alunni a casa e di personale che non ha aderito allo sciopero che non può svolgere la normale attività. La conseguenza è un forte impatto sulla normale operatività dell’istituto e in generale sulla qualità e sulla quantità del servizio, con milioni di ore di lezione saltate dagli studenti e milioni di euro spesi dallo Stato per il personale che non può prestare alla fine regolare servizio pur non essendo formalmente in sciopero. Stime elaborate in maniera dettagliata nel report “Scioperi con pochissimi scioperanti e…tante scuole ferme”, scaricabile gratuitamente a questo link