Quel rigido meccanismo delle graduatorie che penalizza la continuità

Il recente caso di Padova, dove un insegnante, assente dall’inizio delle lezioni, è rientrato prima di Natale per un sol giorno e si è poi nuovamente assentato al termine delle festività, è arrivato agli onori delle cronache dopo la pubblicazione di una lettera aperta trasmessa dalla dirigente scolastica all’insegnante dal titolo “Perché l’ha fatto?”.

La dirigente aveva faticato settimane e mesi per trovare un supplente, una giovane insegnante che aveva lavorato con entusiasmo e capacità conquistando la fiducia e l’apprezzamento degli studenti.

Il rientro del titolare aveva interrotto la supplenza e alla ripresa delle lezioni, per effetto dei vincoli della graduatoria d’istituto, era stata chiamata per la sostituzione un’altra supplente con maggior punteggio della giovane che fino a Natale aveva ben figurato.

La domanda della dirigente è stata questa: sapendo che i meccanismi di graduatoria portavano a questa conseguenza, perché lo ha fatto (con danno per la continuità didattica)?

Molti non addetti ai lavori si sono chiesti, invece: come mai può capitare un fatto del genere?

La spiegazione tecnica, secondo cui per diritto di graduatoria, senza considerare il passato, viene chiamato il supplente con maggior punteggio su un posto che risulta privo di titolare, risulta poco comprensibile per un genitore o un estraneo.

Fatti del genere avvengono in realtà quotidianamente e, se si facesse una rapida indagine, emergerebbero centinaia e centinaia di casi come quello di Padova.

La domanda della preside – perché l’ha fatto? – la modifichiamo noi in questi termini: perché la rigidità della graduatoria penalizza la continuità didattica?

Perché si tutela il lavoratore anziché il servizio (e gli studenti)?

Meglio sarebbe, a certe condizioni, consentire al dirigente scolastico la “chiamata diretta” (cioè in questo caso la conferma) del supplente che si è dimostrato capace.