Quel che resta del ddl Aprea

Il disegno di legge 953 che l’on. Aprea aveva presentato alla Camera all’inizio della legislatura e che, dopo un percorso accidentato, era stato “stoppato” dalla Lega, allora partner di maggioranza con il Pdl, ha ripreso vita nei giorni scorsi e ha cambiato pelle.

L’on. Aprea, prossima a lasciare la carica di deputato e di presidente della commissione Cultura per l’incompatibilità con la recente carica di assessore alla Regione Lombardia, ha voluto probabilmente chiudere il suo mandato in bellezza.

D’intesa con rappresentanti dell’attuale maggioranza che sostiene il Governo Monti, Aprea ha condiviso un nuovo testo che, pur portando ancora il suo nome, sembra lontano dal disegno di legge originario.

Il ddl approvato dalla Commissione ha eliminato dall’originario testo Aprea del 2008 l’intero Capo III che intendeva riformare lo stato giuridico, e le modalità di formazione iniziale e di reclutamento dei docenti.

La scomparsa del termine “stato giuridico” dal nuovo ddl significa che i contenuti del rapporto di lavoro del personale docente restano regolati dal contratto e non diventano oggetto di intervento legislativo.

Nel nuovo testo del ddl non vi è presenza dell’art. 2 del ddl 953 Aprea che prevedeva la trasformazione delle istituzioni scolastiche in fondazioni, con possibilità di avere partner che ne avrebbero dovuto sostenere l’attività, partecipando agli organi di governo dell’istituzione.

Le fondazioni, secondo i critici del ddl Aprea, avrebbero potuto essere il cavallo di Troia per la privatizzazione della scuola pubblica. Ora, a quanto sembra, questo rischio non ci dovrebbe essere più, anche perché dal vecchio testo è stato cancellato il Capo II che prevedeva l’autonomia finanziaria delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, anche se è previsto che le istituzioni scolastiche autonome possano ricevere finanziamenti da fondazioni.

Ma Valentina Aprea, nel nuovo clima dei rapporti dei partiti della attuale maggioranza, ha accettato, con sano realismo, di lasciare per strada i “gioielli di famiglia”. Ci sarà un altro tempo per riparlarne?