Più che misure d’urgenza, servirebbe una nuova visione

Quei professori umiliati/2

Se, come tutto lascia credere, la tendenza di cui si è parlato nella notizia precedente sarà confermata, la ricostruzione del prestigio sociale e dell’autorevolezza della scuola non vanno cercate nell’impossibile ripristino della famiglia (e della scuola) patriarcale, ma nella ridefinizione, da una parte, delle modalità di apprendimento – più centrate sui tempi e sugli interessi degli studenti, riducendo curricoli standardizzati e bocciature – e dall’altra delle modalità di insegnamento, da riconvertire nel senso del tutoraggio, dell’assistenza, dell’aiuto a ciascuno studente a scoprire e sfruttare le proprie potenzialità. Non solo: serve un “approccio dialogico”, basato appunto sul dialogo, sulla cooperazione aperta e anticipata, su empatia, impegno, trasparenza e responsabilità. Ingredienti – sottolineiamolo – che conferiscono autorevolezza (che serve molto più di una non più riconosciuta autorità). Questo approccio può consentire, anche attraverso una efficace comunicazione (e oggi le scuole, in media, non la fanno, anche perché mancano le competenze), di abbassare il livello di conflittualità e di porre le basi per generare una nuova alleanza educativa.

Tuttavia, in attesa di una presa di coscienza, da parte dei futuri decisori politici (in Italia, attualmente, in altre faccende affaccendati), della necessità di muoversi verso una riforma strutturale di questo genere, è inevitabile che, forse anche per la forte pressione esercitata dai media e dall’opinione pubblica, i più eclatanti gesti di violenza e di dileggio nei confronti degli insegnanti da parte degli studenti siano stati severamente condannati dalla ministra Valeria Fedeli, che ha li definiti “inaccettabili” e ha invitato le scuole ad adottare “una linea rigorosa nelle sanzioni” compresa la sospensione dalle lezioni “per periodi di tempo diversi a seconda della gravità delle azioni compiute e, nei casi più gravi, anche la non ammissione allo scrutinio finale”.

Dubitiamo, per le ragioni di fondo esposte, che queste misure bastino a ripristinare nelle scuole un clima di autentico rispetto verso i docenti, ma non c’è dubbio che di fronte alla gravità di certi comportamenti debbano esserci delle sanzioni. E bene ha fatto la ministra Fedeli a richiamare in particolare la responsabilità dei genitori. Ai quali molti commentatori, tra i quali anche Giovanni Floris nel suo recentissimo libro “Ultimo banco. Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia”(Solferino editore), attribuiscono gravi errori proprio nell’opera di delegittimazione della figura dei docenti.

Ma la rilegittimazione degli insegnanti, riteniamo, sarà legata non ad astratte riaffermazioni del rispetto dovuto alla loro figura in quanto tale, ma alla profonda ridefinizione del loro ruolo e quindi anche dell’inquadramento professionale oggi svilito anche a causa di un rigido appiattimento egualitaristico. E servirà applicare rigorosi criteri di selezione e di formazione e aggiornamento lungo tutta la carriera docente, perché per gestire con efficacia e, appunto, autorevolezza, studenti complessi in situazioni di emergenza occorrono professionisti a tutto tondo (chissà se verrà inquadrata in questa ottica anche la dolorosa vicenda dei diplomati magistrali).