Quale formazione per gli insegnanti oggi?/2. Anche l’Europa si interroga

Non diverso il quadro che si è delineato nella sessione del convegno dedicata alla “Formazione degli insegnanti in Europa”, coordinata da Donatella Palomba (Università di Roma “Tor Vergata”, già presidente della CESE e della Sicese), nella quale sono intervenuti la francese Nathalie Bulle (CNRS/Sorbonne Paris IV), il britannico Robert Cowen (Institute of Education, London), il tedesco Hans-Georg Kotthoff (Pädagogische Hochschule Freiburg, presidente della CESE-Comparative Education Society in Europe) e lo spagnolo  Antonio Luzón Trujillo (Universidad de Granada).

Il dibattito è in corso in tutti i Paesi citati. Sia pure con specificità e accentuazioni locali, viene concordemente respinto un modello di formazione dei docenti centrato sul primato delle competenze tecniche. In particolare, come ha denunciato Cowen con trasparente riferimento ai test nazionali e internazionali tipo Ocse-Pisa, di quelle competenze che servono a “misurare” le performance degli studenti e che fanno dell’insegnante un impiegato, un contabile anziché un promotore di cultura, di spirito critico e di libertà individuale.

Nella sessione dedicata alla “Formazione degli insegnanti tra bisogni educativi speciali e marginalità”, coordinata da Orazio Niceforo (Università di Roma “Tor Vergata”, vicepresidente Sicese) sono intervenuti su diverse tematiche – da quelle del gender all’educazione interculturale, dall’educazione speciale ai BES ai superdotati, dall’educazione musicale all’insegnamento nelle carceri) Elvira Lozupone (Università di Roma “Tor Vergata”), Anselmo Paolone (Università di Udine), Lucia De Anna (Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, componente dell’Osservatorio nazionale sull’handicap), Miguel A. Pereyra (Universidad de Granada, già presidente della CESE), Carla Roverselli (Università di Roma “Tor Vergata”) ed Elena Zizioli (Università degli Studi Roma Tre).

Pur nella diversità delle tematiche affrontate anche in questa sessione i relatori hanno messo in evidenza l’inadeguatezza di ogni approccio meramente tecnicistico e precettistico alla formazione dei docenti nelle aree di intervento illustrate. Sia in Italia che in Europa le competenze che occorre formare sono prioritariamente quelle di tipo personale e trasversale: l’apertura all’innovazione, la curiosità intellettuale, la disponibilità al dialogo e alla collaborazione interdisciplinare.

In conclusione se si dovesse provare a individuare il filo rosso che ha attraversato quasi tutti i contributi di questo convegno lo si troverebbe forse nella consapevolezza diffusa del fatto che proprio su questo tipo di competenze soft e sui relativi percorsi di formazione dei docenti occorre produrre più ricerca, più sperimentazione, più documentazione.