Perché gli effetti della sentenza che ha bocciato il blocco dei contratti non sono retroattivi?

L’autorevole commento di un docente di diritto del lavoro sulla sentenza 178/2015 della consulta (prima parte)

Sul sito della Cisl-scuola è riportato un interessante commento di Carmine Russo, docente di Diritto del Lavoro all’Università La Sapienza di Roma, sulla recente sentenza della Corte Costituzionale che ha giudicato illegittimo il blocco dei contratti.

Di seguito la prima parte del commento.

Per comprendere fino in fondo il significato della sentenza della Corte Costituzionale 178/2015, che ha dichiarato l’illegittimità del blocco della contrattazione collettiva nel settore pubblico, – esordisce Russo – bisogna partire dalla fine e cioè dal fatto che la Corte la definisce come sentenza di accoglimento per “illegittimità costituzionale sopravvenuta” e ne faccia decorrere gli effetti a partire dalla data di pubblicazione. Nelle tipologie delle sentenze della Corte Costituzionale le sentenze “per illegittimità sopravvenuta” (in senso stretto) sono quelle con cui la norma sottoposta ad esame pur non presentando vizi di costituzionalità al momento della sua entrata in vigore, lo diviene in seguito ad eventi che possono metterne in discussione la legittimità. In altre parole la Corte Costituzionale non dichiara illegittimo il primo provvedimento che ha determinato il blocco (d.l. 78/2010), ma tutti quelli che intervenuti successivamente (d.l. 98/2011, l. 147/2013 e l. 190/2014) hanno reso quel blocco temporaneo strutturale, sovvertendo ogni carattere di temporaneità e eccezionalità. Ciò che quindi viene sanzionato non è il blocco della contrattazione in quanto tale, che può anche determinarsi se condizioni gravi di finanza pubblica lo ipotizzano come possibile, parziale e temporanea soluzione, ma il fatto che il suo protrarsi per un periodo prolungato, continuo e indeterminato gli facciano perdere quei caratteri di provvisorietà ed eccezionalità che sono i soli a consentire la sospensione di un diritto costituzionalmente riconosciuto.