Ocse-PISA, Ricci (Invalsi): ‘Insegnare agli studenti come studiare’

All’indomani della presentazione dei risultati Ocse-PISA 2015 che vedono gli studenti italiani migliorare in matematica, Tuttoscuola intervista Roberto Ricci, responsabile delle prove Invalsi. Quello che emerge dai dati è che Singapore è ancora molto lontana da noi…

Ocse-PISA, Ricci: non si può prendere Singapore come modello

Sì, Singapore stravince nelle classifiche PISA 2015ci dice Ricci –  ma questo non significa di per sé che abbia il migliore sistema scolastico, o che il suo modello di scuola possa essere facilmente trasferito o imitato. Ci sono variabili, come quelle politiche e istituzionali, molto peculiari, di tipo autoritario, e assai diverse, per esempio, da quelle presenti nelle democrazie pluraliste e in quelle europee in particolare“. 

Roberto Ricci non nasconde un certo fastidio per le semplificazioni e amplificazioni giornalistiche che hanno messo sugli scudi la scuola di Singapore, i cui alunni quindicenni sono risultati primi in tutte e tre le classifiche – scienze, matematica e lettura – compilate a conclusione dell’edizione 2015 della indagine comparativa Ocse-PISA (Programme for International Student Assessment). “Però“, aggiunge, “occorre dire che alla base di questo successo sta l’investimento che Singapore ha fatto sulla qualità degli insegnanti, scelti sistematicamente tra i migliori laureati“. 

Ocse-PISA, Ricci: si deve fare meglio – Sulla mediocre posizione di classifica occupata dall’Italia – a metà tra i 72 Paesi oggetto dell’indagine ma quasi ultima  in Europa (precede solo Grecia, Bulgaria e Romania) – Ricci invita a considerare la dinamica dei risultati conseguiti dagli studenti italiani nel tempo. “C’è stato un sensibile progresso per quanto riguarda la matematica, dove l’Italia si è portata nella media Ocse di 490 punti guadagnandone 7 sul 2012 e altri 7 sul 2009. E migliorando anche la percentuale dei suoi top performers. Risultati che si devono anche alle novità portate dalle nuove Indicazioni nazionali. Ma si può e si deve fare meglio, soprattutto nel Sud, il cui ritardo rispetto al Nord, in termini di competenze, arriva in certe Regioni, come la Campania, addirittura a 2 anni di studio“.

In che modo? Forse provando a diffondere il modello che ha consentito a  Trento e Bolzano, ma anche alla Lombardia, di conseguire risultati che ci collocherebbero nella parte alta della classifica, e tra i primi in Europa?
Non è un caso che gli studenti di Trento e Bolzano facciano bene, lì vengono assistiti anche fuori dell’orario scolastico. Servono interventi  integrativi, come ha detto anche la presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, il tempo pieno. E una formazione dei docenti mirata, che accompagni questi interventi“.

Ma basterà questo? Non è preoccupante che i nostri alunni studino più degli altri (50 ore settimanali contro le 36 dei finlandesi e le 44 della media Ocse) e ottengano risultati peggiori?
“Il problema non è la quantità delle ore di studio, ma la qualità dello studio: non il quanto, ma il come si studia. Occorrerebbe insegnare agli studenti non solo che cosa ma anche come studiare. La formazione in servizio, che ora è obbligatoria, dovrebbe occuparsi di questo problema“.  

E poi c’è l’assenteismo, l’unica voce nella quale gli studenti italiani primeggiano, ma in negativo...
“E’ un grave problema, perché c’è una correlazione evidente tra i tassi di assenza e gli insuccessi scolastici. Basterebbe arginare questo fenomeno per ottenere qualche punto in più“.