Occupazioni/5: occupo ergo sum

Negli anni ’90, con il mondo politico che non aveva il coraggio di condannare occupazioni selvagge delle scuole che molte volte degeneravano in danneggiamenti, fu un ministro di sinistra, Luigi Berlinguer, a tentare una mediazione politico-legislativa per non mettere il bavaglio al movimento degli studenti e riportarlo nell’alveo delle regole democratiche e della partecipazione condivisa.

Dopo un ampio confronto veniva varato lo Statuto delle studentesse e degli studenti di scuola secondaria, pubblicato sotto forma di DPR (n. 249 del 24 giugno 1998).

All’articolo 2, con un’ampia apertura, venivano riconosciuti per gli studenti molti diritti, tra cui

“9. La scuola garantisce e disciplina nel proprio regolamento l’esercizio del diritto di riunione e di assemblea degli studenti, a livello di classe, di corso e di istituto.

10. I regolamenti delle singole istituzioni garantiscono e disciplinano l’esercizio del diritto di associazione all’interno della scuola secondaria superiore, del diritto degli studenti singoli e associati a svolgere iniziative all’interno della scuola, nonché l’utilizzo di locali da parte degli studenti e delle associazioni di cui fanno parte. I regolamenti delle scuole favoriscono inoltre la continuità del legame con gli ex studenti e con le loro associazioni”.

Va detto che nei primi anni lo Statuto ha prodotto salutari effetti, determinando una decisa diminuzione delle occupazioni. Ma poi, anno dopo anno, il ritorno all’antico ha ritrovato consensi e gli spazi di democrazia previsti dallo Statuto sono stati ritenuti troppo angusti per contenere la voglia di protagonismo e di deregulation dei giovani.

E sono ritornate le occupazioni. Il rito dell’occupazione è diventato una specie di formula per affermare la personalità di chi occupa. Cartesio rivedrebbe il suo principio: occupo ergo sum.