Meritocrazia tra i docenti. Quel 25% di ‘immeritevoli’…

Sul tema della valutazione del merito dei docenti riceviamo l’email della lettrice MariaLuisa Boccetti.

La pubblichiamo, invitando gli altri lettori a inviarci le loro opinioni sul tema (o su altri temi nuovi da proporre), scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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In merito al rovente tema del”merito” (il gioco di parole è voluto), desidero esprimere la mia opinione e previsione su un problema che presenta due fondamentali punti nodali.

Intanto, la valutazione dell’operato dei docenti è molto più ardua di quanto possa apparire a legislatori che, a quanto pare, poco conoscono della complessità dell’opera educativa. Pare che, principalmente, la valutazione dei “docenti meritevoli” dovrebbe basarsi sui risultati dei tanto propagandati test INVALSI somministrati agli alunni. Questa erogazione uguale per tutto il territorio nazionale dovrebbe essere garanzia di imparzialità. Ma, per essere veramente imparziali, bisognerebbe “misurare” prima i prerequisiti di alunni provenienti da ambiti socio-culturali completamente diversi e poi erogare test proporzionati ai singoli casi. E qui nasce la contraddizione tra “l’oggettività” e la più equa e necessaria “soggettività” della processo valutativo, contraddizione che già ha rivelato all’estero (nelle nazioni in cui questo sistema è stato adottato, come Stati Uniti e Gran Bretagna) le falle cultural-sociologiche e le conseguenze catastrofiche e irreversibili di un tale sistema di verifica. Già eminenti studiosi di queste nazioni, alla luce di tali ripercussioni, ci hanno sconsigliato di cadere negli stessi errori valutativi: deve accadere come per le centrali nucleari, in cui solo i fatti accaduti in Giappone hanno insegnato a riflettere bene, prima di agire? Un tale sistema di verifica sarebbe quasi esclusivamente nozionistico e non terrebbe in nessun conto lo sviluppo delle capacità creative, critiche o dialettiche dei discenti, né l’impegno costante o la partecipazione attiva rivelate dagli stessi, né l’evoluzione gradualmente positiva dei processi educativi di personalità problematiche, causa le precarie condizioni socio-familiari di ambienti degradati. Le scuole a rischio, che, in passato, avevano ricevuto attenzioni e sovvenzioni aggiuntive, date le obiettive difficoltà, sarebbero le più penalizzate, come i docenti che vi operano, per esempio.

La complessità e delicatezza della professione docente (vista nella sua accezione più nobile) è difficilmente “misurabile”. Né possono essere utili, a tal fine, i giudizi espressi dai Dirigenti Scolastici (spesso presi da mille altre incombenze burocratiche, quali far quadrare conti senza soldi, o occupati in più plessi o istituti per i tagli effettuati anche alle dirigenze, o inclini a giudicare più sulla base di atteggiamenti compiacenti e al limite della piaggeria i propri sottoposti), dai genitori o dagli stessi alunni ( la cui prevalente preoccupazione è quella di ricevere la più alta valutazione possibile, meritatamente o non, impegnandosi il meno possibile: e questo si riferisce tanto ai genitori quanto agli alunni), giudizi che andrebbero ad affiancare i risultati conseguiti dagli alunni nelle suddette prove INVALSI, per la “misurazione del merito ” di ciascun docente, secondo le ultime indiscrezioni trapelate ultimamente. Né, in tale “misurazione” avrebbe alcuna parte la percentuale di compiti in classe, esercitazioni o prove INVALSI corrette, rispetto a colleghi che insegnano unicamente materie orali.

Ma veniamo al secondo punto, l’unico, finora, certo. Il fatto gravissimo, a mio parere, su cui non ci si è soffermati a riflettere, è l’ invalicabilità della soglia del 75% di docenti, a cui attribuire la valutazione di “merito”. Come fare a stabilire quale 25% è indegno di tale “qualifica meritoria”? E se, in una scuola, i meritevoli fossero il 100 % o il 99 %, si sceglierebbe necessariamente ” a sorteggio”?

L’ironia della domanda non faccia sottovalutare il problema. Si ha un’ idea del profondo stato di prostrazione e dello stress ingenerato da un meccanismo che bolla “necessariamente” un 25 %” con l’epiteto di “immeritevoli” solo per l’esistenza di una “barriera numerica invalicabile”?

E come non prevedere uno stato di conflittualità perenne all’interno della classe docente, conflittualità assolutamente in antitesi con un’attività che richiede costante collaborazione e unità di intenti?

Per concludere, quanto agli effetti devastanti prevedibili in tale contesto, basti pensare a recenti studi, che hanno rivelato che i docenti, già adesso, sono i più esposti a malattie invalidanti da stress fino a formazioni neoplastiche (tumori) sempre derivate da stress, figuriamoci cosa potrebbe accadere con tali conflittualità costanti tra insegnanti di serie A e di serie B ? Personalmente, sono convinta che, il fine ultimo di questa tanto decantata meritocrazia ( che ovviamente ci si guarda bene dall’applicare in politica! ), sia solo quello di dividere irreparabilmente la categoria docenti “così politicamente inculcatrice”, ma io sarò maliziosa!!!

Cordialmente,

MariaLuisa Boccetti

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