Mamma picchia preside: chi ha ragione?

Ennesima aggressione di un genitore nei confronti di personale scolastico. Questa volta l’aggredito è un dirigente scolastico di una scuola primaria di Catania, e l’aggressore è la madre di un alunno di otto anni frequentante la terza in quella scuola. La donna, infuriata per il rifiuto del dirigente di consentire il ritorno a casa del figlio non accompagnato da un adulto, ha preso a sberle il capo d’istituto.

Non restiamo in superficie – Sul web sono state numerose le dichiarazioni di riprovazione dell’episodio da parte di politici e di associazioni, preoccupati per la frequenza (forse in aumento) del preoccupante scadimento della qualità dei rapporti tra scuola e famiglia. Anche noi di Tuttoscuola non possiamo esimerci dal condannare il riprovevole episodio, frutto – vogliamo sperare – di una situazione personale giunta al limite che ha indotto la madre a perdere il controllo. Ma vogliamo anche andare a fondo della questione.

Partiamo dalle cause: cos’è che spinge una mamma a picchiare un preside? – La causa dell’aggressione, in casi come questi, passa in secondo piano; probabilmente tra un po’ di tempo si ricorderà più l’episodio di violenza che la causa che lo ha generato. Invece noi vogliamo soffermarci proprio su questa. Secondo quanto riferito da fonti giornalistiche, la madre, impegnata nel lavoro, non è in grado di andare a prendere il figlio all’uscita dalla scuola e chiede il permesso di farlo uscire per tornarsene a casa da solo. Il dirigente respinge la richiesta non acconsentendo, nemmeno, che la sorella del bambino venisse a ritirarlo, in quanto minorenne. Chi ha ragione? La madre impossibilitata al ritiro del figlio per ragioni di lavoro o il dirigente scolastico responsabile del minore affidatogli dalla famiglia?

Chi ha ragione? – Spiace dirlo: pur essendo comprensibile la situazione della madre, la ragione è del dirigente scolastico. Sono numerose e univoche le pronunce di tribunali e i pareri dell’Avvocatura dello Stato: il minore non può essere lasciato solo e nessuna liberatoria della famiglia potrebbe assolvere la scuola dalla responsabilità per danni arrecati agli altri o a se stesso da parte del minore lasciato incustodito. Il preside quindi non sbaglia, anche se il suo può sembrare un atto burocratico dettato da un eccesso di zelo: consentire che l’alunno se ne ritorni a casa da solo potrebbe configurarsi come abbandono di minore.

La scuole ha responsabilità sui minori affidati – La famiglia che affida il proprio figlio alla scuola trasferisce su quest’ultima la responsabilità della vigilanza sul minore, fino al momento della riconsegna dello stesso alla famiglia, come si evince dall’articolo 2048 del codice civile. Ovviamente la questione si pone soltanto nel caso di alunni in età minore che non hanno piena autonomia personale, altrimenti, se presa alla lettera la norma, quasi tutti i ragazzi delle superiori che non hanno compiuto ancora 18 anni dovrebbero attendere che sia un genitore o un adulto da questi delegato a ritirali da scuola. Li salva la loro autonomia personale, per fortuna. Nel caso di Catania, o in altri casi analoghi, il problema potrà essere superato con delega scritta della madre nei confronti di altra persona adulta di sua fiducia.