Macron: la riscossa dell’Europa di Erasmo

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Molti hanno letto nel successo dell’europeista Emmanuel Macron nel ballottaggio con la sovranista Marine Le Pen il segnale di un’inversione di rotta, in un Paese così importante come la Francia, nel processo di decostruzione dell’Unione Europea manifestatosi negli ultimi anni in alcuni Paesi membri, a partire dalla Gran Bretagna.

Si tratta di un’interpretazione ottimistica, wishful (autoappagante, potremmo dire nella lingua di Theresa May), oppure dell’inizio di una nuova fase nella costruzione dell’edificio europeo? Qualche indicazione in senso europeista era già venuta, per la verità, dall’esito delle elezioni svoltesi in Austria per la presidenza della Repubblica e in Olanda per il rinnovo del Parlamento, ma la rilevanza politica della consultazione svoltasi in Francia, che a differenza delle altre due è una repubblica presidenziale, dove la politica estera è nelle mani del presidente, è di gran lunga superiore, e dovrebbe aver inferto un colpo importante, se non decisivo, ai cosiddetti sovranisti, l’ala più estrema degli euroscettici, la forma aggiornata al XXI secolo del nazionalismo.

La personalità e la stessa biografia del trentanovenne presidente francese Macron, un ‘primo della classe’ determinato e anticonformista, con alle spalle studi di filosofia, economia e amministrazione, diplomato all’ENA, funzionario pubblico e poi manager privato di alto livello, fanno pensare che egli si sia formato ispirandosi agli esponenti dell’intelligentsia francese (termine nato proprio in Francia) più aperta all’Europa, da Montaigne a Voltaire e Montesquieu per arrivare a Schuman e a Delors.

Macron, come egli stesso riconosce nella sua autobiografia-manifesto politico intitolato Rivoluzione, pubblicato pochi mesi fa all’inizio della campagna che l’avrebbe condotto all’Eliseo (ora disponibile in italiano nell’edizione Corriere della Sera-La nave di Teseo), deve tutto alla scuola, agli studi compiuti, a quella tradizione culturale europea e transnazionale che trova in Erasmo da Rotterdam il suo antesignano: un profeta disarmato della tolleranza, del dialogo interculturale, del superamento delle barriere nazionali e nazionaliste, oggi sovraniste, al cui nome giustamente è stato intitolato il programma europeo Erasmus, acronimo di “European Region Action Scheme for the Mobility of University Students”.