Pasti a scuola, maggiori costi con il lunch box: chi paga?

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Per inquadrare gli impatti della questione mensa scolastica in epoca Covid e la fattibilità e le eventuali controindicazioni della soluzione del lunch box, partiamo da quanto affermato dal CTS nel documento dello scorso 28 maggio: “Il consumo del pasto a scuola rappresenta un momento di fondamentale importanza sia da un punto di vista educativo, per l’acquisizione di corrette abitudini alimentari, che sanitario in quanto rappresenta un pasto sano ed equilibrato. È pertanto fondamentale preservare il consumo del pasto a scuola garantendo tuttavia soluzioni organizzative che assicurino il distanziamento.

Anche per la refezione le singole realtà scolastiche dovranno identificare soluzioni organizzative ad hoc che consentano di assicurare il necessario distanziamento attraverso la gestione degli spazi (refettorio o altri locali idonei), dei tempi (turnazioni), e in misura residuale attraverso la fornitura del pasto in “lunch box” per il consumo in classe.”

Va sottolineato che normalmente a scuola i pasti vengono serviti caldi secondo variazione dei menù in base a precise indicazioni dietetiche. Le ditte preposte alla preparazione dei pasti sono già in grado di riconvertire attrezzature e personale per predisporre i pasti caldi e variati nella nuova modalità? Probabilmente solo le più grandi, e non è detto che lo siano da subito, anche perché occorrono macchinari per la termosigillazione e adeguati processi di distribuzione. Sarà necessario rivedere gli appalti esistenti o aprirli a nuove ditte? A quali maggiori costi? E l’eventuale interruzione dei contratti esistenti comporterà per i Comuni il pagamento di penali?

Come riporta il sito www.foodinsider.it, “secondo gli operatori del mercato questa modalità di erogazione del pasto in classe richiederà una revisione dei contratti perché aggiungerà nuovi costi: l’acquisto di stoviglie usa e getta, macchine termosigillatrici e un processo di elaborazione dei pasti che, probabilmente, inizierà ancora prima la mattina nelle cucine industriali che dovranno termosigillare migliaia di piatti da veicolare nelle scuole e distribuire nelle classi. Molte delle cucine comunali interne alle scuole non potranno più essere utilizzate, sempre secondo gli addetti del settore, perché non attrezzate per la preparazione di un pasto in monoporzione. Quindi tutto il processo verrà centralizzato in centri cucina industriali dove per alcune aziende sarebbe addirittura utile adottare il ‘sistema refrigerato’, il cosiddetto cook and chill. Quindi non più il pasto tradizionalmente cotto e servito in mattinata, ma preparato anche giorni prima per poi essere abbattuto o surgelato e rinvenuto al momento opportuno”.

Senza contare che i pasti normali per tutti gli altri alunni che si avvalgono della mensa continueranno ad essere preparati e somministrati come sempre.

L’interazione tra le due modalità di somministrazione dei pasti (refezione nei locali di mensa e lunch box in classe) potrebbero anche determinare variazione degli assetti del personale preposto.

C’è infine un’ultima considerazione che riguarda i costi dei singoli pasti a carico dei Comuni, che potrebbero ribaltarne almeno una quota sulla retta a carico delle famiglie, molte delle quali come noto già in situazione di criticità lavorativa a causa della lunga emergenza sanitaria. Il lunch box potrebbe determinare una lievitazione dei costi?

Le principali tematiche legate al ritorno a scuola del prossimo settembre saranno approfondite nel miniciclo di webinar: “LA SCUOLA CHE VERRA’. Come pensare al rientro in classe tra sicurezza e innovazione”. Per informazioni: http://www.tuttoscuola.com/rilanciamo-la-scuola-come-prepararsi-alla-riapertura-partecipa-al-webinar-gratuito-del-15-luglio/

 

 

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