Liberare La Scuola: Ridefinire il profilo del DS per riformare la dirigenza scolastica

Il ruolo del dirigente scolastico continua ad essere scandagliato e approfondito attraverso interviste ai principali esponenti di associazioni e sindacati di categoria. Oggi è il turno dell’intervista rilasciata da Laura Biancato, Antonio Fini, Carlo Firmani, Lucia Presilla, Fabrizio Rozzi, Alessandra Rucci, Francesca Volpi in rappresentanza del movimento culturale Liberare la Scuola. Prima di loro è stato il turno di Attilio Fratta, segretario senerale di DIRIGENTISCUOLA,   Paolino Marotta, presidente dell’ANDIS (Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici). Prima di lui sono intervenuti Pasquale Ragone, coordinatore nazionale dei dirigenti scolastici  Snals, Maddalena Gissi, segretario generale della CISL scuola, il  segretario generale della Flc-Cgil Domenico PantaleoGiorgio Rembado, presidente dell’ANP (Associazione Nazionle Presidi),  Giuseppe Turi segretario della UIL scuola, ed Ezio Delfino, presidente nazionale  Di.S.A.L. (Associazione Dirigenti Scuole Autonome e Libere).

 

Quali sono le cause di debolezza della dirigenza scolastica?

 

“Sono indubbiamente numerose. Prima fra tutte una normativa farraginosa e incoerente, l’eccesso di adempimenti burocratico-amministrativi, responsabilità non collegate alla possibilità di intervenire e al potere di spesa, una evidente sperequazione retributiva rispetto ad altri comparti della dirigenza pubblica.

In definitiva la debolezza della dirigenza deriva da quella, ben più grave, dell’autonomia scolastica, tuttora incompiuta, dopo oltre 15 anni.”

 

Come si riforma la dirigenza scolastica?

 

“Ridefinendone il profilo. Stiamo oscillando da troppo tempo tra la prospettiva “manageriale” e quella della leadership educativa, che caratterizzava maggiormente la figura del preside/direttore. Di fatto il Dirigente Scolastico deve incarnare entrambe queste figure, ma essendo titolare di un reale potere per rispondere efficacemente delle proprie responsabilità. Qualcuno ha provato a enumerare gli Enti che, a vario titolo, hanno competenza sulla scuola? Non manca nessuno, dallo Stato fino al Comune. Il risultato però è ognuno di questi esercita le sua influenza in modo non sinergico con gli altri. L’Istituzione scolastica e il suo dirigente hanno (nominalmente) la responsabilità di tutto, quasi mai senza avere i corrispondenti poteri esecutivi. Abbiamo quindi il dirigente “datore di lavoro” ma con personale assegnato dallo Stato, senza alcuna possibilità di intervento, il dirigente “responsabile della sicurezza”, senza poteri operativi sugli edifici, il dirigente “responsabile amministrativo” prigioniero di mille costrizioni burocratiche.”

 

La legge 107 è portatrice di una nuova cultura e mentalità nella dirigenza scolastica?

 

“Nel disegno riformatore della legge 107 la dirigenza scolastica svolge un ruolo chiave nel tenere insieme il sistema, indicare le strategie d’azione, garantire coerenza e unità d’intenti.”

 

Regole e vincoli rendono sempre più difficile l’operare dei dirigenti scolastici. Quali norme e vincoli dovrebbero essere eliminati?

 

“Con “Liberare la scuola” abbiamo evidenziato alcune delle principali criticità, pochi punti sui quali abbiamo pensato che fosse possibile raccogliere un consenso molto ampio e formulare proposte operative sostenibili (anche finanziariamente) e dunque realizzabili, volendo, in tempi brevi.

Prima di tutto le norme sulla sicurezza degli edifici scolastici: il D.Lgs 81/2008 prevede che gli adempimenti siano adeguati alle “effettive  particolari  esigenze  connesse  al servizio e espletato o alle peculiarità organizzative” (art. 3 comma 2) ma questa previsione è tuttora disattesa. In sostanza, alle scuole si continua ad applicare la norma generale, che è evidentemente pensata e scritta per ambienti lavorativi  molto diversi dalla realtà scolastica. La responsabilità relativa agli edifici scolastici va ben individuata, gli adempimenti devono essere ridotti e chiariti, e devono essere posti in capo a chi ne ha la effettiva capacità operativa, ovvero gli Enti Locali.

Il secondo punto evidenziato da Liberare la scuola è la burocrazia. Questo è un concetto forse vago, sicuramente molto ampio. Secondo noi molti problemi discendono dall’art. 1 comma 2 del D.Lgs 165/2001 che recita “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative”.

Le scuole autonome sono dunque, Pubbliche Amministrazioni. Il legislatore non recepisce  la specificità del servizio e la peculiarità dell’organizzazione delle scuole. Come è noto (ma incredibilmente non se ne tiene alcun conto dove si dovrebbe!), gli istituti non hanno una vera e propria articolazione degli uffici, ma possono contare soltanto sulla buona, vecchia Segreteria, a capo della quale vi è il DSGA, figura la cui complessità del titolo è spesso inversamente proporzionale alla struttura che si trova a dirigere.  Tutto questo, all’interno di un quadro normativo che non fa alcuna differenza tra questa organizzazione estremamente ridotta e quella, ad esempio, di un Comune, di una Regione, di una Camera di Commercio e così via. L’“attività negoziale”,a solo titolo di esempio, per la quale tutte le altre pubbliche amministrazioni secondo il Codice dei Contratti (D.Lgs 163/2006) possono procedere con “affidamento diretto” agli acquisti di beni e servizi fino all’importo di €40.000 (IVA esclusa), vede le scuole ancora vincolate ad una doppia normativa: il Regolamento di Contabilità previsto dal DI 44/2001, che limita a €2.000 tale possibilità, a dispetto di un potere di spesa enormemente inferiore a quello delle altre amministrazioni.L’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) ha appena emanato una proposta di Linee Guida per l’applicazione alle scuole di quanto previsto dalla legge 190/2012 e dal D.Lgs 33/2013. Si arriva a ipotizzare che attività come l’elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa o il conferimento delle supplenze (che come tutti sanno, avviene con un meccanismo rigidissimo basato sulle graduatorie) siano “processi a maggior rischio corruttivo”! Le scuole sarebbero dunque luoghi di corruzione e malaffare? Quante indagini della magistratura esistono, a carico delle istituzioni scolastiche, per episodi di corruzione?

L’elenco potrebbe continuare a lungo, includendo la ricorrente e stupefacente pratica delle “rilevazioni”, per cui le amministrazioni (non solo il MIUR, ma spesso ISTAT e altre) chiedono in continuazione alle scuole una serie di dati che già dovrebbero possedere, impegnando così per giorni e giorni il personale di segreteria (sempre quei tre/quattro di cui si è parlato).

La proposta è semplice, al limite della banalità:

1) RIDUZIONE drastica degli adempimenti, in considerazione della dimensione e della specificità del servizio: siamo sì una Pubblica Amministrazione, ma il nostro obiettivo è il servizio di ISTRUZIONE e FORMAZIONE, e su questo che le risorse devono essere concentrate!

2) Semplificazione del regolamento di contabilità e applicazione parziale e personalizzata del Codice dei Contratti. Sentirsi definire “stazione appaltante” quando acquistiamo matite, pennarelli e altro materiale di consumo, oppure qualche computer, al pari di un (vero) appalto da decine di migliaia di euro sembra quasi grottesco. Le procedure relative ai PON sono un esempio eclatante: bandi e procedure complicatissime per conferire incarichi da €150/300!

3) per ogni norma esistente e per tutte le nuove emanate, che prevedano un impatto amministrativo, OBBLIGO di prevedere già nella normativa primaria (o al massimo in quella secondaria) un articolo o commi specifici relativi all’applicazione semplificata nelle istituzioni scolastiche.

4) Reale valorizzazione dell’autonomia scolastica, con la drastica riduzione delle parti prescrittive, che dovrebbero essere limitate sostanzialmente al rispetto degli obiettivi nazionali del sistema di istruzione e formazione. Lo Stato DEVE fissare gli obiettivi (il COSA) e verificare poi il loro raggiungimento, ma non occuparsi del COME si raggiungono nel modo così dettagliato (quasi ossessivo) praticato oggi. Le scuole realmente innovative in giro per il mondo hanno ampi margini di libertà su organizzazione del curricolo, incluso il monte ore disciplinare. Il sistema attuale, a dispetto della formale autonomia, è invece estremamente rigido e dipendente dal “centro”.

Il terzo punto riguarda la questione della responsabilità alla vigilanza sugli alunni. A partire dai fondamentali articoli 2047 e 2048 del Codice Civile, passando per una giurisprudenza quasi sempre orientata ad attribuire alla scuola la responsabilità di ogni minimo evento, nelle scuole si è arrivati ad una impasse permanente: dirigenti e insegnanti “non se la sentono” di far spostare un banco, di riorganizzare uno spazio, l’assillo è di non perdere mai di vista nessun alunno. Il clima è di paura ma anche, paradossalmente, di deresponsabilizzazione. In alcune scuole, si reagisce con “misure” che rasentano il grottesco, come la redazione di “regolamenti” per la discesa delle scale!

Non si propone certo di eliminare la responsabilità, ma soltanto di riportarla ad una dimensione sostenibile (questo aggettivo ricorre più volte, e non è casuale) e, soprattutto, allineata alle modalità in uso nella maggior parte dei Paesi europei. In particolare, per tentare di far fare alla scuola un vero passo avanti, l’idea è di ispirarsi alle legislazioni dei Paesi del Nord Europa, nei quali molti di noi, in questi anni, anche attraverso gli scambi consentiti dal Comenius, hanno potuto verificare direttamente come maggiore libertà e e autonomia degli alunni, non portino ad alcun effettivo rischio ma, al contrario, contribuiscano all’educazione e allo maturazione di una corretta responsabilità personale.

Auspichiamo un intervento legislativo che modifichi la normativa attuale, consentendo alla scuola maggiore libertà e, soprattutto, serenità, nell’organizzazione di spazi e tempi dell’apprendimento, in linea con le esigenze della società attuale e dei Paesi più avanzati in questo settore.

Infine, crediamo indispensabile che ogni scuola abbia il suo dirigente. Può sembrare un problema secondario, e certo non è allo stesso livello di complessità dei precedenti, ma incide ugualmente in modo molto negativo. La “reggenza” deve tornare ad essere un evento temporaneo, transitorio ed eccezionale. Negli ultimi anni, invece, a causa della incomprensibile rarefazione dei concorsi, in molte regioni i posti dirigenziali liberi sono aumentati a dismisura, sommandosi a quelli degli istituti sottodimensionati. Le reggenze sono diventate così praticamente la normalità! Su questo argomento occorre adoperare la logica: se il dirigente “serve”, è cioè una figura fondamentale nella scuola, non può essere sistematicamente “diviso” tra due istituti! Il reggente, infatti, ha le medesime responsabilità e attribuzioni di un titolare. Altrimenti, si abbia il coraggio di affermare che il dirigente non serve! Le “reggenze permanenti” costringono molti dirigenti a lavorare in due istituti per anni: la logica suggerisce che non si tratta di una soluzione accettabile, prima di tutto per l’efficacia del ruolo, ma anche per le condizioni di lavoro del dirigente e dei suoi collaboratori in entrambe le scuole, inevitabilmente sottoposti a un aggravio di lavoro e di stress.”

 

Si potrebbero “spacchettare”le competenze e le responsabilità dei dirigenti scolastici? Come?

 

“No, non si ritiene possibile. Nessuno di noi spinge per una diminuzione di responsabilità della figura del Dirigente Scolastico, ma al contrario si fa leva affinchè la categoria sia soggetta a responsabilità sulle quali abbia un effettivo potere di intervento.”

 

La revisione del regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche (n. 44/20001) che il Miur sta elaborando va in questa direzione?

 

“Purtroppo ad oggi non è a noi noto in quale direzione stia andando la revisione di questa norma..”

 

I dirigenti scolastici si autorganizzano al di là ed oltre  le organizzazioni sindacali e professionali. Perché?

 

“Il malessere della categoria è molto profondo, sembra arrivato ad un punto di non ritorno. Molti Dirigenti si trovano ad un bivio: fare la buona scuola o restare paralizzati dalla situazione attuale, perchè di questo si tratta. Ogni Dirigente rischia ogni giorno di persona. Le organizzazioni sindacali sembrano avere in gran conto le problematiche della categoria docente e non sembrano occuparsi granchè dei Dirigenti.

Neessuno ha potuto/voluto contrastare una deriva che ha portato ad un drastico e rapido deterioramento delle condizioni di lavoro dei dirigenti scolastici: orari di lavoro che incidono in modo ormai intollerabile sulla vita privata, a fronte di una retribuzione effettiva (il “netto” che ognuno vede al 23 del mese) che è incredibilmente diminuita! La vera beffa è la disinformazione: la maggior parte dei docenti e l’opinione pubblica si rifiutano di credere che un DS guadagni meno di €3.500 al mese! La risposta più comune che viene dai docenti, alla domanda sullo stipendio presunto di un DS, è intorno ai €4.000. La realtà è ben diversa: la maggior parte dei dirigenti, e in particolare tutti quelli entrati con gli ultimi concorsi (ai quali non è riconosciuta l’anzianità maturata da docenti) non supera un netto di €2.500!

Ci si avvia al quarto anno senza retribuzione di risultato. Qualche altra categoria accetterebbe di lavorare per quattro anni senza percepire una parte di stipendio, regolarmente prevista dai contratti individuali?

Ebbene, di fronte a questo crescente e ormai intollerabile disagio, le organizzazioni tradizionali, le associazioni, i sindacati, sembrano da un lato non rendersi conto della reale situazione, dall’altro non danno la sensazione di avere un impatto efficace, forte e determinato sull’Amministrazione.

La categoria dei dirigenti scolastici sembra destinata a sopportare in silenzio ogni peggioramento della propria condizione. Di fronte a questo scenario, anche grazie ai social network, sono partite forme di auto-organizzazione che vedono oggi partecipazione trasversale alle “appartenenze” sindacali. Gli oltre 1000 firmatari del documento Liberare la scuola sono iscritti ad associazioni e sindacati e non sono intenzionati a restituire tessere, ma chiedono ai vertici di queste organizzazioni di uscire da una sorta di torpore che ne ha caratterizzato l’azione per troppo tempo, oltre che di concentrarsi su poche e fondamentali questioni, senza inseguire chimere e obiettivi che si sono rivelati non solo velleitari ma anche controproducenti.”

 

A che punto è il contratto? Quali le condizioni e le difficoltà da superare? Quali le previsioni?

 

“La previsione di un ulteriore blocco dei contratti dei dipendenti pubblici non fa ben sperare. Le retribuzioni sono disallineate rispetto agli altri paesi europei, come del resto accade per tutto il personale della scuola. Occorrono investimenti. “

 

Promotori del movimento culturale Liberare la Scuola www.liberarelascuola.it