ANP: ‘Al centro vanno messi i diritti degli studenti’

In molte regioni le scuole in questi giorni sono ancora chiuse per via dell’emergenza Coronavirus. Il contatore di Tuttoscuola ha calcolato che a oggi sono oltre 7 milioni le ore di lezione perse. Per fronteggiare la situazione molte scuole si sono quindi attivate con la didattica a distanza, ma non tutte senza ostacoli.

È il caso, per esempio, dell’istituto “Martino Martini” di Mezzolombardo, dove la preside, Tiziana Rossi, ha ricevuto una lettera di diffida di uno studio legale per conto di un sindacato. L’accusa sarebbe quella di aver attivato la scorsa settimana la didattica a distanza gli studenti senza avere consultato gli organi collegiali.

Abbiamo chiesto un parere sulla vicenda ad Antonello Giannelli, presidente dell’ANP, l’Associazione Nazionale Presidi.

La vicenda della scuola  “Martino Martini” di Mezzolombardo è ora al centro dell’attenzione nazionale. Lei cosa pensa di tutta questa storia?
“Penso che sia la classica situazione in cui tocchiamo con mano come alcune leggi, e forse anche alcuni contratti, non siano al passo con i tempi. È evidente che ci troviamo in una situazione di emergenza, è evidente che si devono applicare delle regole diverse da quelle solite, ma non è altrettanto evidente che devono essere gli studenti a dover occupare il centro dell’attenzione. In altri termini: si dà più importanza a quelli che sono i giusti interessi dei lavoratori e non se ne dà alcuna alle esigenze del servizio pubblico dell’istruzione e al diritto all’istruzione degli studenti. Credo che sia necessario porsi il problema di rivedere queste norme per fare in modo che siano funzionali alla loro vera finalità, cioè all’esercizio del diritto degli studenti di imparare”.

 

Cosa avrebbe suggerito alla preside della scuola di Mezzolombardo?
“Sicuramente di procedere lungo quelle che sono le indicazioni fornite dal DPCM. Non mi è ben chiaro se, in questa situazione, sia il docente ad essersi rifiutato di fare lezione o se semplicemente non condividesse questa modalità. Laddove fosse soltanto lui a non condividere questa modalità, per il momento mi sarei avvalso dell’opera degli altri senza però certo fermare l’attività di didattica a distanza”.

 

Il Ministero dell’Istruzione in questi giorni si è attivato per chiedere l’aiuto delle aziende affinché le scuole possano attivare quanto prima la didattica a distanza e non perdere ulteriori ore di lezione (secondo il contatore di Tuttoscuola abbiamo superato i 7 milioni di ore perse). Cosa ne pensa lei di questo intervento delle aziende nella scuola?
“Ritengo che ci sia da guadagnare da entrambe le parti: il mondo delle aziende perché si rende conto di quali possono essere gli applicativi delle tecnologie nella scuola, e il mondo della scuola perché può avvalersi di queste tecnologie per l’insegnamento”.

 

Riguardo l’intervento delle multinazionali nella scuola, Pino Turi (UIL SCUOLA), nell’intervista rilasciata a Tuttoscuola, ha dichiarato: “Vedere le stesse parole d’ordine della 107 ripetute dalla deputata Aprea, e anche dal ministro Azzolina, in modo politicamente trasversale, preoccupa e dovrebbe preoccupare anche il premier Conte”. Condivide questa preoccupazione?
“No. Non ritengo che le multinazionali siano delle forze negative o dei soggetti da non prendere in considerazione quando si parla di scuola. Io ritengo che le aziende debbano svolgere la loro attività secondo le leggi e se questo avviene non riesco a capire il perché di questo pregiudizio. O meglio: si tratta, in questo caso di un preconcetto di natura ideologica, ed io non sono favorevole alle prese di posizione ideologiche. Ritengo che l’evoluzione dell’umanità si basi su un equilibrio tra tanti fattori e dentro questi c’è, a pieno titolo, quello delle aziende che vogliono progredire e del progresso scientifico tecnologico ed economico di tutta l’umanità. Questa preoccupazione proprio non la condivido”.

 

In qualche modo l’emergenza ha messo le scuole di fronte a una svolta tecnologica. Ma secondo lei la scuola è davvero pronta? Cosa manca?
La scuola non è pronta a praticare una didattica di massa a distanza, questo è evidente perché noi abbiamo una scuola molto tradizionale, molto impostata sull’attività in presenza, ma questo non significa che non ci sia un discreto numero, un po’ meno del 10% di realtà scolastiche che sia già oggi in grado di praticare didattica a distanza. Credo che questo ci insegni che dobbiamo avviarci lungo questa strada dotandoci di una tecnologia più moderna perché può essere utile anche per tantissimi casi che non riguardano l’emergenza. Pensiamo, per esempio, a quanti studenti ogni anno restano a casa per via di una semplice influenza perdendo ore di lezione… Mentre abbiamo una sperimentazione specifica che si chiama “Scuola in ospedale” per consentire il diritto allo studio di quei ragazzi affetti da gravi patologie, non abbiamo nessun rimedio contro le tantissime ore perse dai ragazzi magari per un banale raffreddore. Se ci avvieremo lungo questa strada – e io sono assolutamente favorevole a questa possibilità – faremo in modo che tutta la popolazione studentesca possa trarne dei vantaggi. Dalla sfortuna dell’epidemia potremo trarre l’opportunità di un miglioramento collettivo”.