L’esame che vorrei

L’esame di terza media non si fa più.

Non che sia una novità: tolte poche eccezioni (penso alla scuola secondaria di Mosso) non si faceva già prima. Nella maggioranza dei casi si trattava semplicemente della vuota riproposizione di un rituale antico svecchiato dall’introduzione della certificazione delle competenze. La tesina copiata, i collegamenti scontati, le prove scritte molto simili a quelle fatte nelle ultime settimane  “per prepararsi”, i fogli di protocollo timbrati, il divieto di andare al bagno sino ad una certa ora… non rallegreranno più le prime settimane di giugno.

Lo dico subito: dal punto di vista organizzativo sono un sacco di problemi in meno: non devi incastrare gli scrutini e gli orali con le altre scuole, non devi predisporre le aule, la sorveglianza, non devi compilare il librone dei verbali… Insomma: una pacchia!

Io però, quest’anno, l’esame, lo farei lo stesso. Un orale non obbligatorio, inutile, senza voto, su prenotazione, ad invito declinabile. Solo per il PIACERE di farlo. “Buongiorno prof, sono Pierino. C’è questo argomento che mi entusiasma tantissimo. Vorrei presentarlo al consiglio di classe”. “Ciao Pierino, che bella notizia, lo dico ai colleghi, vediamo chi ha voglia di ascoltarti”.
“Salve prof, sono Catullo. A me è bastato sopportarvi tre anni, addio!”. “Ok, Catullo, non c’è problema!”.

E così il 13 giugno, mentre Catullo se ne va al mare tenendo le debite distanze da chiunque gli passi accanto, Pierino si collega sulla piattaforma DAD della scuola. Trova ad aspettarlo due, tre, cinque insegnanti che hanno voglia di ascoltarlo, di condividere idee e di chiudere un percorso. Senza “l’obbligo” di doverci essere. Senza il fastidio di avere accanto la collega che non usa il deodorante. Senza “la scocciatura” di doverlo valutare. Senza la paura di dover ascoltare per la miliardesima volta “Ungaretti che si collega con la prima guerra mondiale che si collega col Giappone che si collega con l’energia atomica che si collega con l’inno americano”…

Alziamo la posta? Un orale fatto con una commissione di docenti anche esterni, che si collegano da altre scuole, magari persino dalle superiori per ascoltare chi ha un fuoco nel cuore da condividere. E per fugare ogni dubbio facciamolo dopo gli scrutini così che nessuno si senta in dubbio di farlo lo stesso perché “non si sa mai”.

Ne ho parlato con alcuni colleghi. Alcuni sono contenti, altri incuriositi, altri ancora mi toglierebbero volentieri il saluto perché un’estate senza esami quando mai ci ricapiterà? Io, se potessi scegliere, vorrei un esame “solo orale” alla fine della terza media, tutti gli anni. Un esame nel quale gli alunni dimostrano di saper ragionare, di saper valutare, di saper esporre ed appassionare, di saper concludere un percorso. Non che non mi piacciano gli scritti, ci mancherebbe, ma dopo tre anni è davvero necessario farne ancora tre, sui quali più che la preparazione incidono, ammesso che ci siano, l’ansia e lo stress?
 
Un alunno che sceglie di fare un orale “inutile” per trasformarsi in studente.

Un insegnante che sceglie di ascoltarlo anche se “non serve a nulla”.
Un esame fatto “solo” per il piacere di stare assieme in un anno complesso per tutti.

Bebe Vio direbbe: “Se sembra impossibile allora si può fare”. Quest’anno si può.

*docente di sostegno nella scuola secondaria di I grado IC Albenga Secondo (SV), vincitore di concorso DS