Legge 104: un insegnante part time può fruire dell’intero permesso mensile?

In qualità di D.S.G.A. di un Istituto di Istruzione Superiore mi trovo a gestire la seguente situazione.
Un docente con contratto a tempo indeterminato in regime di part time verticale, con una articolazione del proprio orario di insegnamento su 3 giorni alla settimana, chiede, per assistere il figlio disabile in situazione di gravità, di fruire dell’intero permesso mensile previsto dall’art. 33 della legge 104/92.
In altre parole, il permesso mensile – a suo dire – che normalmente consta di 3 giorni al mese, non deve subire alcun riproporzionamento, malgrado la ridotta prestazione di servizio.
Il dirigente scolastico, dopo aver contattato l’Ufficio territoriale, è di diverso avviso: sostiene che il docente possa e debba fruire di soli 2 giorni al mese.
Per evitare un sicuro contenzioso, sollecito un suo puntuale chiarimento.

L’esperto risponde

L’art. 33, comma 3, della legge n. 104/92 prevede che i soggetti legittimati a fruire dei 3 giorni di permesso mensile per assistere persone diversamente abili in situazione di gravità, sono: il genitore, il coniuge, il parente o l’affine entro il 2°grado. Qualora i genitori o il coniuge della persona diversamente abile siano deceduti, mancanti, affetti da malattie invalidanti o abbiano superato i 65 anni di età, titolati a utilizzare i permessi mensili sono anche i parenti e gli affini entro il 3° grado.

Il permesso mensile, tuttavia, a fronte di una prestazione oraria in regime di part time verticale, ovvero connotata da un impegno di servizio articolato, di norma, su tre giorni alla settimana, era consentito in maniera ridotta: 2 giorni al mese in vece che 3.

Nella scuola, come in quasi tutti i comparti del pubblico impiego, tale riduzione era esplicitamente prevista da una circolare dell’Inpdap (n. 34/2000) e successivamente avallata anche dall’Aran con apposito parere (cfr. Raccolta sistematica degli orientamenti applicativi – Scuola – dicembre 2016). L’Agenzia negoziale, infatti, dopo avere richiamato esplicitamente la circolare Inpdap, precisa: “Nel caso di part rime verticale, il permesso mensile di 3 giorni deve essere ridotto proporzionalmente alle giornate effettivamente lavorate”.

Il predetto e consolidato orientamento viene ridefinito dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.4069/2018.

Il caso riguardava una dipendente delle Poste che, per assistere il proprio figlio diversamente abile, aveva optato per un part time verticale con una prestazione lavorativa articolata su 4 giorni anziché sui 6 ordinari.  Conseguentemente, Il datore di lavoro – le Poste S.p.A. – riproporzionava in 2 giorni la fruizione del permesso mensile.

La Corte, nell’analizzare la fattispecie:

  • sottolinea in primis che “… il permesso mensile retribuito di cui all’art. 33, comma 3, L. 104/1992 costituisce espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile grave”;
  • puntualizza, poi, che la norma legislativa sostanzia “… una misura destinata alla tutela della salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost., che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.)”.
  • afferma “… che il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno”.

Infine, sulla base di tali presupposti ed applicando il criterio della ragionevolezza, riconosce il diritto della dipendente a fruire dei 3 giorni di permesso mensile. Ciò in quanto, la prestazione dell’attività lavorativa – ancorché in regime di part time verticale – risulta comunque articolata per un orario settimanale che comporta una prestazione per un numero di giornate (quattro) superiore al 50% di quello ordinario (sei). 

Dunque, la fruizione del permesso mensile, in misura completa o ridotta – è riconosciuta, non più in riferimento esclusivo al numero dei giorni di lavoro che il dipendente in part time verticale svolge, bensì in base ad una correlazione percentuale tra il numero dei giorni di effettiva prestazione e quelli dovuti in via ordinaria. Detto altrimenti, il permesso mensile compete, senza riduzioni di sorta, se il dipendente in part time verticale effettua una prestazione di lavoro per un numero di giorni superiore alla metà di quelli richiesti normalmente.

A questo punto, la domanda è: ai dipendenti della scuola in part time verticale è possibile applicare l’evidenziato orientamento giurisprudenziale?

Riteniamo di sì, per più motivi.

In primis, le sentenze della Corte di Cassazione hanno valore nomofilattico, cioè sono intese ad assicurare “l’esatta interpretazione della legge, l’unità   del diritto oggettivo nazionale” (art. 65 del R.D. 30.01.1941, n. 12). Dal che, una semplice conseguenza: riesce difficile immaginare che l’Amministrazione scolastica e/o  l’eventuale giudicato di un Giudice del lavoro, possano discostarsi dal decisum  dell’alto Organo giurisprudenziale. 

Inoltre, la Corte di Cassazione richiama – testualmente – nel dispositivo della sentenza evidenziata (n.4069/2018), il dispositivo di altra e precedente sentenza (n. 22925/2017): le due decisioni, infatti, hanno trattato fattispecie analoghe per addivenire a verdetti del tutto simili.

Di più. La prima sentenza (n. 22925/2017) è stata condivisa e fatta propria dall’l’Aran, con il parere n. 12389 dell’11.06.2018; parere, quest’ultimo, che pur riferendosi al Ccnl del comparto “Funzioni Centrali” del 12.02.2018, può rinvenire fondata e legittima applicazione anche in ambito scolastico, tenuto conto che la comune base legislativa (art. 33, comma 3, L.104/92) sostanzia un medesimo diritto soggettivo per tutti i dipendenti, indipendentemente dal comparto di servizio.

Ed è proprio quanto sinteticamente riportato, che induce, anche per il personale della scuola, una duplice conseguenza.

  1. I docenti in part time verticale, qualora svolgano il proprio servizio settimanale in 3 giorni rispetto ai 5 normalmente richiesti, il permesso mensile – ex art. 33, comma 3 – risulta fruibile per intero. Infatti, l’articolazione su 3 giorni supera il 50% di quella ordinaria. E che l’ordinaria attività di servizio consti di 5 giorni alla settimana è rilevabile, tanto dalla prassi diffusa in (quasi) tutte le istituzioni scolastiche del Paese, quanto da una specifica disposizione legislativa: l’art. 21, comma 8, del d.lgs. n. 59/1997 fissa – tra l’altro – in non meno di 5 giorni settimanali il normale assolvimento degli obblighi di servizio dei docenti.
  2. Il personale Ata in part time verticale, invece, ha bisogno, per fruire del permesso mensile nella sua interezza, di articolare il proprio orario individuale  su 4 giorni, atteso che il normale orario di servizio è abitualmente  praticato in  6 giorni settimanali.

Inoltre, e solo per il personale Ata, va ricordato che il permesso mensile, nella misura comunque spettante, può essere utilizzato a giornate o, alternativamente, ad ore, attesa la novella introdotta dall’art. 32 del Ccnl del comparto “Istruzione e Ricerca” siglato il 19.04.2018.