L’educazione comparata in cerca di identità

L’educazione comparata (denominata anche pedagogia comparata o educazione comparativa) è una disciplina con una sua autonoma connotazione e precisa identità, come la botanica, la linguistica o la storia dell’arte, oppure – come suggerisce la stessa molteplicità delle sue denominazioni – è un’area di ricerca nella quale coesistono diversi contenuti e distinti approcci metodologici?

Un recente seminario, promosso congiuntamente dalla SICESE (Sezione Italiana della CESE, Comparative Education Society in Europe) e dal gruppo di studio della SIPED (Società Italiana di Pedagogia) che si occupa di questa tematica, ha offerto un’ulteriore occasione per tentare di rispondere al quesito, non nuovo nel dibattito sia nazionale che internazionale.

Ma, come si evince dallo stesso titolo del seminario (“Tendenze attuali e prospettive di sviluppo degli studi comparativi in educazione in Italia. Una riflessione a partire da alcuni testi recenti”, Roma, 11 aprile 2017), si è preferito non affrontare la vexata quaestio per rifluire nella più cauta e pluralistica locuzione “Studi comparativi in educazione”.

Uno dei testi a stampa presentati in questo incontro, curato da Carla Callegari, dell’università di Padova, “L’educazione comparata tra storia e etnografia” (Anicia editore, Roma 2016), ha ben rappresentato fin dallo stesso titolo questa polisemia dell’Educazione comparata, ben evidenziata nella sua problematicità nel nitido saggio d’apertura di Donatella Palomba, autorevole comparatista già presidente della CESE e della SICESE.

Comparare le analogie o le differenze?

I due successivi contributi, della stessa curatrice Callegari e di Anselmo R. Paolone, e quello conclusivo di Angelo Gaudio sul rapporto tra globalizzazione ed educazione, offrono al lettore la possibilità di guardare alla realtà e alle prospettive di sviluppo dell’educazione comparata utilizzando le metodologie e gli strumenti dell’analisi storica (Callegari) e quelli dell’approccio etnografico (Paolone).

Si tratta di due modalità “qualitative” (idiografiche) per studiare in profondità le specificità e le differenze dei sistemi oggetto di comparazione concettualmente alternative a quelle “quantitative” (nomotetiche), che tendono invece a individuare e misurare analogie e convergenze privilegiando un approccio sociologico e economico-statistico, come nel caso delle indagini promosse dall’Ocse, a partire da PISA.

Il punto di intermediazione (non di sintesi, che appare improponibile) tra queste diverse, e per molti aspetti contrapposte modalità di conduzione degli studi comparativi, potrebbe essere costituito, come suggerisce Palomba, dall’interesse, che dovrebbe essere condiviso da tutti gli studiosi, per una più piena e perciò multilaterale e multidisciplinare comprensione di un fenomeno complesso ma specifico come l’educazione. Anche l’individuazione di questo punto di intermediazione, costituito dal proprium della dimensione educativa, non può che essere, tuttavia, oggetto di confronto e di ricerca, come anche il volume qui presentato mostra e dimostra.