Le Commissioni di tutela dei minori in sonno

Secondo quanto sostenuto dall’AGe, Associazione Italiana Genitori, le Commissioni preposte alla tutela dei minori per fronteggiare e orientare i mass media ci sono, ma sembrano da tempo in stand by. La Commissione bicamerale per l’infanzia, collegata all’Osservatorio nazionale dell’infanzia, ha affievolito nel tempo la sua attività, non incidendo nella sensibilità del Parlamento e delle Istituzioni nei confronti dei minori.

La Commissione di revisione cinematografica presso la direzione Cinema del Ministro dei Beni culturali dovrebbe valutare i film nell’ottica dell’applicazione di divieti volti ad escludere i minori dalla visione di film inadatti, ma le pressioni dei produttori stranieri e italiani sono talmente forti da rendere vani gli sforzi dei genitori presenti, peraltro già minoranza per i criteri di una legge ormai vecchia, che risale agli anni ’60: la Commissione ha il compito di considerare il valore educativo o diseducativo delle opere cinematografiche, in riferimento ai minori.

Non è una commissione di censura, ma pochi l’hanno capito, e il ruolo dei genitori è considerato quello di bacchettoni attenti a misurare i centimetri di pelle scoperti. Comunque, la legge è completamente da riscrivere. Il duplice divieto ai minori di anni 14 e minori di anni 18 è peraltro superato: occorre, sulle stile di altri paesi, inserire modalità di tutela diverse e più differenziate.

Esiste, e forse lo sanno in pochi, anche l’Istituto per l’Autodisciplina pubblicitaria, al quale il cittadino può inoltrare specifiche segnalazioni. Così come da qualche tempo ha preso il via il Comitato per la Sicurezza nella Rete, che riunisce circa cinquanta fra istituzioni, associazioni, gestori e provider.

Con queste istituzioni (superstiti, o poco note) dovrebbe collaborare attivamente il Garante nazionale per l’infanzia, realtà di recente istituzione (legge n.112 del 12 luglio 2011), che ha ottenuto solo da pochi mesi un regolamento per le sue attività.

Speriamo che il Garante non debba limitarsi a partecipare a convegni e occuparsi di situazioni estreme, come se fosse un difensore civico: a lui potrebbe competere davvero la promozione di una cultura dell’infanzia nel nostro Paese, lavorando d’intesa e in rete con l’associazionismo e le altre istituzioni.

Sembrerebbe arrivata l’ora di tentare di coordinare forze (poche) e sforzi (molti). È da coinvolgere il mondo della scuola, realtà che, pur tra mille difficoltà e incertezze, si occupa quotidianamente dell’educazione dei nostri figli, meglio quando è in collaborazione con le associazioni di genitori.

La duplicazione di Comitati e Organismi ha disperso le forze, e soprattutto disorienta il genitore che si chiede, concretamente: «a chi devo rivolgermi? Cosa fare se ritengo che un messaggio pubblicitario, un film, un sito internet siano offensivi o pericolosi per la crescita di mio figlio?».

La nostra realtà associativa raccoglie quotidianamente richieste e proteste da parte di genitori che segnalano violazioni del codice di tutela dei minori. Ci insegnavano che, in Italia, se vuoi insabbiare un problema, crei una commissione, un nuovo organismo. Sul delicatissimo tema dei minori e dei media è ora di cambiare rotta. Qualche potentato economico non sarà contento, ma si tratta ora di decidere, una volta per tutte, se i ragazzi stanno a cuore al nostro Paese: insieme ad una grande opera educativa e formativa, bisogna connettere, collegare, semplificare e dare forza (sanzionatoria e non solo) a uno – due organismi dei quali tutti i cittadini siano informati.