L’autonomia tra amici e nemici

Molti osservatori ritengono che i decreti legislativi attuativi della legge n. 53, e in particolare le “Indicazioni nazionali” per il secondo ciclo, siano più ascrivibili alla tradizione centralista che alla ricerca di spazi di autentica autonomia delle scuole. Vedremo che cosa deciderà di fare il ministro Fioroni, che ha più volte detto di voler ripartire proprio dall’autonomia delle scuole. Ma “ora che il popolarismo cattolico e i suoi valori sono in evidente minoranza“, si chiede Bertagna su “Nuova Secondaria”, “è legittimo aspettarsi che possa funzionare una Repubblica e una scuola davvero fondata sulla sussidiarietà?“.

Per la verità, a noi sembra che lo schieramento a sostegno dell’autonomia delle scuole (come, d’altra parte, quello dei suoi nemici) sia più ampio e variegato di quello ricondotto da Bertagna al solo filone del popolarismo cattolico. Ad esso appartengono certamente le componenti laico-riformiste delle due coalizioni che si sono fronteggiate negli ultimi dodici anni, componenti peraltro rimaste minoritarie sia nel centro-destra che nel centro-sinistra, e una serie di soggetti – associazioni, esperti, riviste, ma anche docenti impegnati nelle innovazioni, dirigenti scolastici – che l’autonomia l’hanno sostenuta e praticata in questi anni, pur nelle condizioni difficili nelle quali la scuola italiana si è ritrovata.

Il nodo irrisolto, in questi anni, è stato quello della mancata costruzione di un corretto, dinamico, interattivo rapporto tra un Centro post-burocratico, capace di disegnare strategie di sistema motivanti, e un sistema di scuole messe in condizione di esercitare la loro autonomia organizzativa e didattica in termini reali. Le potenzialità innovative ci sarebbero, ma per ora (e ancora) il trasversale schieramento politico e sociale che le interpreta non ha avuto l’opportunità di invertire la tendenza del nostro sistema scolastico ad un lento degrado conservatore.